Proroga versamenti: dall’emendamento l’effetto cumulativo

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

Iniziano a delinearsi i contorni del nuovo articolo 9-bis introdotto in sede di conversione del Decreto Sostegni-bis. La norma, avente ad oggetto la proroga dei termini dei versamenti relativi alla prossima dichiarazione dei redditi, non sostituisce, ma si aggiunge alle disposizioni approvate con DPCM del 28 giugno 2021. Questa volta, oggetto della deroga, sono le disposizioni di cui all’articolo 17 comma 2 del DPR n. 435 del 2001.

Secondo il testo riformulato in Commissione Bilancio della Camera dei Deputati l’emendamento approvato all’esito di un lungo confronto parlamentare prevede, in deroga a quanto disposto dall’articolo 17, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 435, il differimento al 15 settembre 2021, senza alcuna maggiorazione, dei termini dei versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi, da quelle in materia di imposta regionale sulle attività produttive e da quelle dell’imposta sul valore aggiunto che scadono dal 30 giugno al 31 agosto 2021. Il differimento è riconosciuto sempre a favore dei soggetti che esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale e che dichiarino ricavi nei limiti fissati da ciascun indice, nonché ai soggetti forfettari, al minimo ed ai soggetti che partecipano a società o associazioni di cui agli articoli 5, 115 e 116, a loro volta interessate dalla deroga.

L’emendamento, in particolare, interviene derogando esclusivamente le disposizioni del secondo comma dell’articolo 17 del DPR n. 435 del 2001, ovvero la norma che consente il versamento delle imposte dovute sulla base della dichiarazione dei redditi, con la maggiorazione dell’0,40% a titolo di interesse corrispettivo, entro 30 giorni dalla scadenza ordinariamente fissata dal comma 1 dello stesso articolo 17 al 30 giugno 2021. Da questo punto di vista si colga come la modifica legislativa non sostituisce il contenuto del Decreto del Presidente del Consiglio del 28 giugno 2021, ma si sovrappone ad esso. Il DPCM, approvato ai sensi e per gli effetti dell’articolo 12, comma 5, del D.lgs. n. 241 del 1997, aveva già disposto al 20 luglio, senza alcuna maggiorazione, il nuovo termine per effettuare i versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi, da quelle in materia di IRAP e dell’imposta sul valore aggiunto.

Orbene, dalla combinazione delle due disposizioni ne deriva che i soggetti Isa, minimi e forfettari dovranno versare le imposte conseguenti alla dichiarazione dei redditi entro il 20 luglio 2021 ovvero, in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 17 del DPR n. 435 del 2001, entro il 15 settembre, in entrambi i casi senza alcuna maggiorazione. Nello specifico al 15 settembre andranno tutte le scadenze collegate alla dichiarazione dei redditi del periodo 30 giugno-31 agosto.

L’emendamento, benché non ve ne fosse un reale bisogno (“Versamenti, il DPCM innesca la proroga al 20 agosto”), risolve dal punto di vista normativo i dubbi insorti a seguito della formulazione letterale del DPCM del 28 giugno 2021 che, nelle sue more, non disponeva la possibilità di versare le imposte entro il 20 agosto con la maggiorazione a titolo di interesse corrispettivo. Ora, con l’emendamento in oggetto, il problema viene superato ove la scadenza del 15 settembre, in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 17, comma 2, del DPR n. 435 del 2001, costituisce il nuovo termine lungo di cui al comma 2 del predetto articolo, con la differenza che nessuna maggiorazione è dovuta. Pertanto il contribuente potrà, a propria discrezione, versare secondo gli ordinari termini di pagamento fissati dall’articolo 17, comma 1, del DPR n. 435 del 2001, prorogati dal DPCM del 28 giugno 2021 al 20 luglio, ovvero tutto quanto dovuto nel periodo intercorrente fra il 30 giugno ed il 31 agosto al 15 settembre.

La scelta, tuttavia, non è senza conseguenze. Ai sensi dell’articolo 20 del D.lgs. n. 241 del 1997 le somme dovute a titolo di saldo e acconto delle imposte e dei contributi, previa opzione, possono essere versate in rate mensili di uguale importo decorrenti dalla data di scadenza e purché il pagamento sia completato entro il mese di novembre dell’anno di presentazione della dichiarazione dei redditi. Gli eventuali versamenti rateali sono effettuati, per i titolari di partita Iva, entro il giorno 16 di ciascun mese, mentre entro la fine di ciascun mese per gli altri contribuenti.

L’applicazione cumulativa delle due disposizioni normative determina un effetto particolare. Se per i soggetti titolari di partita iva la proroga disposta dal DPCM determinerebbe il mero slittamento della seconda rata al 20 di agosto, della terza al 16 settembre, della quarta al 18 ottobre e della quinta al 16 novembre, perdendo così una rata del piano, l’applicazione congiunta dell’emendamento farebbe sì che al 15 settembre andrebbero a scadere le prime due rate del piano ed al 16 settembre, il giorno successivo, la terza rata. Stesso, dicasi, per i soggetti non titolari di partita iva partecipanti a società ed associazioni “trasparenti” che vedrebbero cumularsi al 15 settembre le rate in scadenza al 20 luglio, al 30 luglio ed al 31 agosto.

In buona sintesi l’emendamento in oggetto differisce dalle precedenti disposizioni similari, ad esempio l’articolo 12-quinquies che dispose la proroga dei versamenti per le imposte connesse al modello Unico2019 periodo di imposta, in quanto deroga al solo termine lungo (articolo 17 comma 2 del DPR n. 435 del 2001), lasciando invariato il termine ordinario (articolo 17 comma 1 del DPR n. 435 del 2001), benché oggetto di proroga al 20 luglio 2021. Dalla deroga al secondo, lasciando invariato il primo, scaturisce il predetto effetto cumulativo. Nel caso di specie non sono pertanto applicabili le conclusioni, sul tema, della Risoluzione n. 71/E del 2019 che avevano ad oggetto, invece, la deroga al primo comma dell’articolo 17.

Tutto nel senso opposto alla semplificazione. Invece di accorciare il piano di versamento, rinunciando a due rate, ovvero rimodularlo alla luce delle nuove scadenze, il Legislatore lancia la proroga in pasto ad una normativa troppo complessa per adattarsi alle esigenze straordinarie del momento. Ne emerge uno scenario irreale, quasi felliniano, grottesco e caricaturale dove il beneficio svanisce nel tempo di un ciak.