È di queste ore la ricezione di avvisi bonari il cui contenuto, di primo acchito, ha lasciato a bocca aperta gli sfortunati destinatari; la pretesa dell’amministrazione finanziaria, infatti, riguarda il saldo IRAP 2019, ed è avanzata nei confronti di soggetti che rientravano nella previsione dell’esonero di cui all’articolo 24 del decreto Rilancio, D.L. 34/2020.
Rinfreschiamoci brevemente la memoria: l’articolo 24 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, aveva disposto che non fosse dovuto il versamento del saldo IRAP relativo al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2019, fermo restando il versamento dell’acconto dovuto per il medesimo periodo di imposta. La norma si rendeva applicabile ai soggetti diversi da quelli che determinano il valore della produzione netta secondo gli articoli 7 e 10-bis del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, nonché dai soggetti di cui all’articolo 162-bis del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, con ricavi di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a) e b), dello stesso testo unico delle imposte sui redditi, o compensi di cui all’articolo 54, comma 1, del medesimo testo unico non superiori a 250 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge. Quanto sopra, nel rispetto dei limiti e delle condizioni del Temporary Framework, Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19″, e successive modifiche.
Il panorama dei potenziali beneficiari della misura, alla luce del così ampio tetto di ricavi/compensi previsto per l’accesso al beneficio, era estremamente vasto, e l’applicazione della disposizione – se confrontata a quelle che nel tempo sono seguite – apparentemente semplice.
Eppure, come si è detto, è di queste ore la ricezione di avvisi bonari secondo i quali il saldo IRAP 2019 era dovuto, e pertanto viene ora richiesto in pagamento, maggiorato di sanzioni ed interessi. Cosa può essere accaduto?
La spiegazione è tanto semplice quanto preoccupante, ed è esplicitata nell’avviso bonario stesso, ove viene precisato che in caso di compilazione della sezione XVIII del quadro IS con indicazione dell’aiuto di Stato previsto dall’art. 24 del D.L. 34/2020, le somme richieste a titolo di imposta si riferiscono esclusivamente ai minori acconti versati e/o alla maggiore imposta a debito risultante dal controllo automatizzato.
Leggendo tale precisazione in senso negativo, ciò significa che – a parere dell’Agenzia – se la sezione XVIII del quadro IS non è stata compilata in sede di modello IRAP 2020 riferimento 2019, per evidenziare il beneficio dell’esonero dal versamento del saldo, tale beneficio non viene riconosciuto e, di conseguenza, l’IRAP è dovuta.
Il tutto, implicitamente, rinvia alla Circolare 25/E del 20 agosto 2020, tramite la quale l’Agenzia delle Entrate aveva comunicato l’avvenuta autorizzazione dal parte della UE alla misura agevolativa (Decisione C(2020) 4447 final del 26 giugno 2020), precisando che “a tal riguardo i contribuenti che fruiscono dell’esonero dal versamento del saldo IRAP 2019 (ai sensi dell’articolo 24), sono tenuti a compilare nel modello IRAP 2020 la sezione XVIII del quadro IS, avendo cura di indicare:
- nella casella «Tipo aiuto», il codice 1;
- nella colonna 1 «Codice aiuto», il codice 999;
- nella colonna 3 «Quadro», il quadro IR;
- nelle successive colonne 4 «Tipo norma», 5 «Anno», 6 «Numero» e 7 «Articolo», rispettivamente, «1», «2020», «34», «24»;
- nella colonna 26 «Tipologia costi», il codice 20;
- nella colonna 29 «Importo aiuto spettante», l’importo del saldo IRAP relativo all’anno 2019 non versato per effetto dell’applicazione dell’art. 24 del DL Rilancio”.
Cosa fare in questi casi –Nel caso in esame il recupero a tassazione pare trovare scaturigine nel mero controllo automatizzato posto in essere dall’Agenzia che incrociando i dati presenti in anagrafe tributaria rispetto a quelli riportati nel modello Irap, a causa della mancata indicazione dell’aiuto nel quadro IS, fa scattare automaticamente il controllo in capo al contribuente.
Per cercare di risolvere il problema allora al destinatario dell’avviso non resta che attivarsi in autotutela con l’agenzia delle entrate per annullare l’atto ricevuto in quanto, si ritiene, che la mancata indicazione nel quadro IS dell’agevolazione fruita non può essere motivo di decadenza dalla medesima.
Si ricorda inoltre che laddove il tentativo di risoluzione del problema tramite l’autotutela con l’ufficio non andasse a buon fine il contribuente può sempre attendere la successiva cartella di pagamento e adire la Commissione tributaria competente per ottenere l’annullamento dell’atto in quanto, in base all’ormai consolidato orientamento della Corte di Cassazione, gli avvisi bonari sono atti facoltativamente impugnabili.