La diligenza del cessionario: l’arma del Fisco contro le frodi

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

Suona come una dichiarazione di guerra, ma è più semplicemente una dichiarazione politica con la quale l’Amministrazione Finanziaria mette al bando la cessione del credito e lo sconto sul corrispettivo e individua l’arma con la quale perseguire gli illeciti. Con progressivi tentativi, prima con la Circolare n. 16/E del 2021, oggi con la Circolare n. 23/E del 2022, l’Agenzia delle Entrate riscrive le regole del concorso in violazione per combattere le frodi nella cessione del credito perpetrate nel periodo che ha preceduto il tristemente noto DL Anti-frodi.

Già a novembre 2021 le parole del Fisco lasciarono sgomenti gli operatori del settore tributario. In un contesto normativo in cui, escludendo le fattispecie di concorso in violazione, le responsabilità di fornitori e cessionari sono limitate all’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto, l’Amministrazione Finanziaria aveva timidamente avanzato la propria tesi secondo la quale il presidio preventivo posto in essere dall’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’articolo 122-bis del Decreto Legge n. 34 del 2020 non esonerava i soggetti coinvolti nelle cessioni, in primo luogo i cessionari ed i fornitori che acquistavano il credito a fronte del contributo sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, dal ricorso all’ordinaria diligenza richiesta per evitare la partecipazione a condotte fraudolente. Tema sul quale ci mostrammo vigili, sin dalla prima ora (“Assalto alla diligenza, la buona fede non è più sufficiente”).

Oggi l’Agenzia delle Entrate va decisamente oltre. Secondo le indicazioni della Circolare n. 23/E del 2022 la fattispecie del concorso in violazione, dalla quale dovrebbe scaturire la responsabilità solidale del cessionario, deve essere valutata alla luce della diligenza impiegata nella fase di acquisizione. In particolare, secondo il Fisco, “rilevano le ipotesi in cui il cessionario abbia omesso il ricorso alla specifica diligenza richiesta, attraverso la quale sarebbe stato possibile evitare la realizzazione della violazione e l’immissione sul mercato di liquidità destinata all’arricchimento dei promotori dell’illecito”. Un lungo slancio in avanti fino ad affermare che il livello di diligenza richiesto, decisivo ai fini delle responsabilità, dipende dalla natura del cessionario, “soprattutto con riferimento agli intermediari finanziari o ai soggetti sottoposti a normative regolamentari per i quali è richiesta l’osservanza di una qualificata ed elevata diligenza professionale”. Diligenza esclusa a priori nei casi di compartecipazione all’operazione illecita.

Più nel dettaglio, secondo l’Amministrazione Finanziaria la configurabilità del concorso in violazione va condotto in ragione dei profili oggettivi e soggettivi dell’operazione di compravendita sintomatici della falsità del credito, quali l’ assenza di documentazione o palese contraddittorietà rispetto al riscontro documentale prodotto, l’incoerenza reddituale e patrimoniale tra il valore e l’oggetto dei lavori e il profilo patrimoniale dei committenti, la sproporzione tra l’ammontare dei crediti ceduti ed il valore dell’unità immobiliare, l’incoerenza tra il valore del credito ceduto e il profilo finanziario e patrimoniale del soggetto cedente, la presenza di anomalie nelle condizioni economiche applicate in sede di cessione dei crediti e la mancata effettuazione dei lavori. Senza dimenticare i profili correlati alla normativa antiriciclaggio, l’Amministrazione Finanziaria introduce, a posteriori, un processo di valutazione analitico che nessuna norma aveva precedentemente richiesto.

Con queste parole l’Amministrazione Finanziaria crea una nuova e diversa fattispecie che si affianca al concorso in violazione, non più collegata alla partecipazione diretta alla violazione, ma mediata dalla presunta negligenza, aspetto che viene graduato a seconda del ruolo o, per meglio dire, del livello di preparazione dell’incauto cessionario. Sul punto, tuttavia, non può ignorarsi come ai sensi dell’articolo 9 del Decreto Legislativo n. 472 del 1997 la fattispecie evocata dall’Amministrazione Finanziaria, in concorso nell’illecito di più soggetti, impone la concorrenza di quattro distinte condizioni: una pluralità di soggetti coinvolti, la realizzazione di una condotta illecita prevista dall’ordinamento tributario, il contributo causale di ogni soggetto alla condotta, l’elemento soggettivo di ciascun concorrente. Da quest’ultimo punto di vista, in particolare, la colpevolezza del cessionario dovrebbe presupporre l’accertamento dell’effettiva partecipazione al compimento dell’illecito, con una rilevanza causale autonoma all’interno dell’attività contestata. La condotta, in altri termini, deve necessariamente porsi in rapporto causale con l’illecito, ovvero nel senso che lo abbia quantomeno consapevolmente agevolato.

Tanto risulta sufficiente per affermare come il concorso in violazione e le sue conseguenze non possono valutarsi in merito al solo livello di diligenza atteso dall’Amministrazione Finanziaria sulla base del ruolo assunto dal cessionario. Il concorso in violazione, semmai, dovrebbe quantomeno rispondere al concetto di colpa, che identifica un comportamento comunque non intenzionale, ma dovuto a negligenza, imprudenza, imperizia o per l’inosservanza di specifiche disposizioni normative. Norme, queste ultime, del tutto assenti ove l’articolo 121 del Decreto Legge Rilancio limitata espressamente, diremo a lettere cubitali, le responsabilità del cessionario alle sole modalità di utilizzo del credito d’imposta.