Chiarimenti e proposte. La cessione del credito è sempre in prima linea

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

Strana combinazione. Da un lato l’Amministrazione finanziaria continua a produrre risposte a interpelli che rischiano, tuttavia, di non trovare applicazione. Dall’altro l’Associazione Nazionale Commercialisti, sulla scia del Consiglio Nazionale di categoria, pubblica un proprio documento con proposte di emendamenti al Decreto Legge n. 11 del 2023. Da un lato tutto scorre come se nulla fosse realmente accaduto, come se il blocco dei crediti sia solo fantasia, dall’altro il tentativo disperato, questa volta di un’importante associazione sindacale dei commercialisti, per tentare di smobilizzare i crediti d’imposta già accettati e presenti sui cassetti fiscali.

Con la Risposta n. 236 del 2023, a tempo scaduto, l’Amministrazione finanziaria torna a parlare di bonus facciate di cui all’articolo 1, commi da 219 a 224, della Legge n. 160 del 2019. L’Agenzia delle entrate conferma come nell’ambito degli interventi di recupero edilizio l’imputazione delle spese sostenute dalle società avvenga secondo il criterio di competenza economica. Per tali soggetti esiste un parallelismo fra le regole di registrazione contabile e i criteri di imputazione delle spese rilevanti ai fini dei bonus edilizi. In tal senso, infatti, l’obbligo di pagamento mediante bonifico “parlante” non è previsto per i soggetti esercenti attività d’impresa, il cui reddito è determinato in base al principio di competenza, in quanto il momento dell’effettivo pagamento della spesa non assume rilevanza. Di pari le spese sostenute a fronte di lavori non ancora eseguiti al termine del periodo d’imposta deve essere catalogata fra i crediti dello stato patrimoniale, in attesa di essere imputata al cespite di riferimento, solo a seguito dell’effettivo completamento dei lavori.

Con la risposta in commento l’Agenzia delle entrate rilascia due ulteriori conferme. In primo luogo, la società beneficiaria, che abbia optato per lo sconto sul corrispettivo, così trasferendo il credito al suo fornitore, può riacquistare il credito trasferito, purché ciò avvenga nel rispetto delle regole previste dall’articolo 121 del Decreto n. 34 del 2020 e, in particolare, nel rispetto della natura prevista per il cessionario acquirente.

In secondo luogo, riproponendo i chiarimenti forniti al paragrafo 5.6 della Circolare n. 23/E del 2022, l’Amministrazione finanziaria conferma la rilevanza ai fini dei benefici fiscali dell’Iva nei casi in cui essa sia indetraibile in senso assoluto. Richiamando il contenuto della Circolare n. 2/E del 2020, l’Agenzia delle entrate ricorda come siano detraibili tutti i costi strettamente collegati alla realizzazione degli interventi agevolati e, fra questi, anche l’imposta sul valore aggiunto. Ne consegue che, ai fini del calcolo della detrazione spettante, l’iva totalmente indetraibile ai sensi dell’articolo 19-bis1 e 36-bis del dPR n. 633 del 1972 costituisce a tutti gli effetti una spesa agevolabile. Anche nel caso in cui l’indetraibilità si manifesti a seguito dell’integrazione prevista per le operazioni soggette all’inversione contabile.

Si tratta dello stesso principio previsto espressamente, in senso ampio, in tema di Superbonus. Ai sensi dell’articolo 119, comma 9-ter, del Decreto Legge n. 34 del 2020 l’imposta sul valore aggiunto non detraibile, anche parzialmente, ai sensi degli articoli 19, 19-bis, 19-bis.1 e 36 bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dovuta sulle spese rilevanti ai fini degli incentivi, si considera nel calcolo dell’ammontare complessivo ammesso al beneficio, indipendentemente dalla modalità di rilevazione contabile adottata dal contribuente.

Dai chiarimenti passando alle proposte, al fine di contenere il costo delle cessioni, nel proprio pacchetto di emendamenti l’Associazione Nazionale Commercialisti propone di introdurre un imposta sostitutiva, pari al 3 per cento, sull’extra-profitto realizzato dai cessionari, intesi come tali gli istituti di credito e gli intermediari finanziaria iscritti all’albo previsto dall’articolo 106 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, le società appartenenti a un gruppo bancario, le imprese di assicurazione, nonchè tutti i titolari di partita iva in genere. Nelle intenzioni tale imposizione dovrebbe attivarsi qualora il compenso risulti superiore ad una franchigia del 10 per cento del credito. L’Associazione Nazionale Commercialisti, inoltre, propone una seconda imposta sostitutiva, sempre del 3 per cento, il cui versamento consenta ai titolari di partita iva, per i crediti già presenti ed accettati sui propri cassetti fiscali, l’utilizzo in compensazione F24 senza alcun limite temporale.