Il ravvedimento operoso, a maggior ragione nella sua edizione straordinaria prevista dalla “tregua fiscale”, non ammette ripensamenti. Con il suo perfezionamento, conseguente alla regolarizzazione della violazione e al versamento integrale della sanzione ridotta e degli interessi, è preclusa la strada del rimborso.
Il ravvedimento operoso, quale scelta deliberata del contribuente, costituisce una causa ostativa all’istanza di rimborso di quanto versato a tale titolo. Con il suo perfezionamento, infatti, è preclusa al contribuente l’azione di ripetizione di quanto versato. Secondo la giurisprudenza di legittimità, univoca sul punto, il versamento di sanzioni in misura ridotta a titolo di ravvedimento operoso, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 13 del Decreto Legislativo n. 472 del 1997, se non produce alcun effetto preclusivo in ordine ad un’eventuale azione di accertamento da parte dell’Ufficio (Cass. 24424 del 2008), costituisce certamente una causa ostativa al rimborso, anche laddove l’istanza di rimborso sia fondata nel merito. “Una volta che si sia perfezionata la fattispecie di ravvedimento operoso è precluso al contribuente, analogamente a quanto affermato da questa Corte con riferimento alle ipotesi di definizione agevolata cui questi abbia spontaneamente aderito (ex multis Cass. Ss.Uu. 14828/2008 e Cass. 4566/2015, 1967/2012), la ripetizione di quanto versato, con conseguente inammissibilità della relativa istanza, salvo il caso di errori formali essenziali e riconoscibili” (Cass. 6108 del 2016).
La citata giurisprudenza tende a valorizzare, in particolare, l’adesione spontanea del contribuente, uno slancio tale che implica il riconoscimento incondizionato della violazione commessa e, di conseguenza, nega il diritto al ripensamento. Come avviene nel campo dell’esercizio delle facoltà che esulano dalle dichiarazioni di scienza, seguendo il predetto orientamento si arriva alla conclusione di come il perfezionamento del ravvedimento sia incompatibile con qualsivoglia ipotesi di rimborso, non tanto perché espressamente vietato, ma in quanto l’azione restitutoria di porrebbe in contraddizione insanabile con la scelta esperita dal contribuente.
Come avviene in ogni ipotesi di condono o sanatoria, ove trova applicazione il principio comune in virtù del quale, con riferimento agli anni d’imposta oggetto di definizione agevolata, non è consentita, per i medesimi anni, la restituzione delle somme versate dal contribuente (Cass. n. 4566 del 2015), lo stesso accadrà, inevitabilmente, per il ravvedimento speciale delle violazioni tributarie di cui all’articolo 1, commi da 174 a 178, della Legge n. 197 del 2022. Benché la Circolare n. 2/E del 2023 non abbia affrontato l’argomento, non vi è motivo per abbandonare l’orientamento prevalente della Suprema Corte di Cassazione rispetto all’acclarata inammissibilità del ripensamento.
Sotto tale profilo, tuttavia, il ravvedimento speciale assomiglia più al ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del Decreto Legislativo n. 472 del 1997, che ad un tradizionale condono. Solo in quest’ultimo caso (nel condono), infatti, con l’adesione volontaria del contribuente, soggetta al controllo dell’Amministrazione finanziaria, vengono definite le opposte pretese, azzerando da un lato le ipotesi di rimborso e dall’altro le pretese del Fisco. Con il ravvedimento speciale, invece, verrebbero tacitate le prime e consentite le seconde. In tutte le ipotesi di ravvedimento, infatti, l’azione di accertamento dell’Amministrazione finanziaria non trova limite e resta consentita secondo le regole tradizionali.
In questo senso, pertanto, il ravvedimento operoso speciale è una scelta non ritrattabile dal contribuente, ma non vincolante per l’Amministrazione finanziaria, che resterà libera di esperire l’azione di accertamento, logicamente oltre il perimetro nel frattempo già regolarizzato dal contribuente.