Il peso degli interessi nella scelta tra definizione e conciliazione delle controversie tributarie

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

Come noto, l’istituto della definizione agevolata delle controversie tributarie (di cui commi da 186 a 205 dell’articolo 1 della legge 29 dicembre 2022, n. 197) e l’istituto della conciliazione agevolata delle controversie tributarie (di cui ai commi da 206 a 212 dell’articolo 1 della già menzionata legge di bilancio 2023), sono tra loro alternativi. Nel valutare quale sia la strada preferibile da percorrere al fine di raggiungere l’obiettivo della “tregua fiscale”, occorre tenere in considerazione molteplici aspetti.

A mente di quanto disposto dal comma 186 dell’articolo 1 della L. 197/2022, in materia di definizione agevolata: “Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Corte di cassazione, anche a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546”.

La definizione agevolata richiede pertanto che sia versato il valore della lite, intendendosi come tale l’importo del tributo, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente all’irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.

Il beneficio varia altresì a seconda del grado di giudizio: nel caso di ricorsi pendenti non iscritti in primo grado alla data del 1° gennaio 2023, la controversia può essere definita con il pagamento del 100% del valore della lite, mentre nel caso in cui il ricorso pendente, alla medesima data, sia iscritto in primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90% del valore della lite. Ulteriori riduzioni sono previste, per il solo caso di soccombenza dell’Agenzia fiscale nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore della Legge n. 197/2022: è richiesto il pagamento del 40% del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado e del 15% del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado. Per quanto riguarda le controversie tributarie pendenti innanzi la Corte di Cassazione, sempre alla data del 1° gennaio 2023, per le quali risulta soccombente l’Agenzia fiscale in tutti i precedenti gradi di giudizio, la controversia si chiude con il pagamento di un importo pari al 5% del valore della stessa.

Con la conciliazione agevolata, invece, un primo vantaggio è quello della riduzione della pretesa dell’amministrazione finanziaria, variabile a seconda dell’accordo raggiunto, cui si aggiunge il beneficio dell’applicazione delle sanzioni ridotte ad un diciottesimo. Restano tuttavia dovuti gli interessi e gli eventuali accessori.

Vediamo ora, distintamente per i due istituti, ciò che accade in caso di mancato versamento delle somme dovute alle scadenze previste.

Con la definizione agevolata il versamento deve essere effettuato in unica soluzione entro il 30 settembre 2023; nel caso in cui gli importi dovuti superino 1.000 euro, è ammesso il pagamento rateale, in un massimo di venti rate di pari importo, di cui le prime tre da versare, rispettivamente, entro il 30 settembre 2023, il 31 ottobre 2023 e il 20 dicembre 2023 e le successive entro il 31 marzo, 30 giugno, 30 settembre e 20 dicembre di ciascun anno (termini come modificati dall’articolo 20 del D.L. 34/2023).

Si presti attenzione al fatto che questa tipologia di sanatoria si perfeziona con la presentazione dell’istanza e il pagamento della prima rata. Di conseguenza, laddove il contribuente dovesse in seguito decadere dal beneficio, a causa del mancato o intempestivo pagamento delle rate successive alla prima, a ruolo verranno iscritte solo le residue rate di capitale, maggiorate di sanzioni per omesso versamento, ma in ogni caso non riemergeranno gli interessi, che sono stati cancellati grazie al perfezionamento della sanatoria, avvenuto, come si è detto, con la presentazione dell’istanza e il tempestivo versamento della prima rata.

Con la conciliazione, invece, il versamento delle somme dovute (o della prima rata) deve avvenire entro 20 giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo conciliativo. Il pagamento può essere rateizzato in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo, da versare entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre successivo al pagamento della prima rata. Si evidenzia che gli interessi restano dovuti, e questa circostanza può rappresentare una variabile di gran peso, soprattutto nel caso di cause datate nelle quali gli interessi assumo un particolare peso.

Inoltre, nel caso di mancato o intempestivo versamento delle rate, il contribuente decade dal beneficio. Di conseguenza l’ufficio iscriverà a ruolo le residue somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché la sanzione per omesso versamento. Per quanto riguarda l’ammontare delle sanzioni amministrative, che erano state ridotte ad un diciottesimo grazie alla sanatoria, in caso di decadenza le stesse tornano piene, come determinate ai sensi dell’articolo 48-ter del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546: 40% del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento della conciliazione nel corso del primo grado di giudizio, e 50% del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento nel corso del secondo grado di giudizio.

In sintesi, molteplici sono gli aspetti da tenere in considerazione nel valutare quale delle due alternative adottare, e nel fare questa valutazione si raccomanda di prestare la massima attenzione alla variabile degli interessi che, come si è detto, vengono definitivamente cancellati con il pagamento della prima rata della definizione agevolata liti fiscali, mentre restano dovuti con la conciliazione, e che possono rappresentare una voce importante dell’ammontare complessivo della controversia.