Tra le tante modifiche che interessano il sistema tributario previste dalla riforma fiscale, con riferimento al reddito di impresa soggetto a IRPEF, una novità riguarda l’introduzione di un regime opzionale di tassazione per le imprese in contabilità ordinaria.
In particolare, l’articolo 5, comma1, lett. g, del disegno di legge delega per la riforma fiscale, prevede, per le imprese in regime di contabilità ordinaria, la facoltà di avvalersi di un meccanismo d’imposizione proporzionale sostanzialmente volto a perseguire l’obiettivo di uniformare il trattamento fiscale delle imprese individuali e delle società di persone con quello riservato alle società di capitali, in modo tale da rendere più neutrale il sistema tributario rispetto alla forma giuridica con cui si intende esercitare un’attività.
In caso di esercizio dell’opzione in esame, il reddito d’impresa di tali soggetti non concorre per trasparenza alla formazione del reddito complessivo ai fini dell’IRPEF nel periodo d’imposta di competenza, ma viene assoggettato a un diverso regime impositivo con applicazione di un’imposta ad aliquota proporzionale allineata con quella dell’IRES, attualmente del 24 per cento.
Successivamente, nell’anno in cui avviene il prelievo dell’utile da parte dell’imprenditore o la sua distribuzione ai soci, il reddito d’impresa partecipa a quello complessivo dei citati soggetti, riconoscendo ai medesimi lo scomputo dall’imposta personale di quella proporzionale precedentemente assolta dagli stessi.
In pratica, per l’imprenditore individuale, per i collaboratori familiari e per i soci delle società di persone, il reddito derivante dall’impresa individuale o dalla partecipazione in una società di persone è assoggettato a tassazione nel momento in cui viene effettivamente prelevato. Non rileva dunque l’attuale “principio di trasparenza”, che vuole la tassazione del reddito anche se non percepito. Il tutto, chiaramente, dietro opzione per questo nuovo regime che deve essere effettuata dall’imprenditore individuale e dalla società di persone in contabilità ordinaria.
A tiolo di esempio, si ipotizzi una Snc con due soci con partecipazione al 50 per cento, con reddito di impresa nell’anno “n” pari a euro 80.000,00. Nell’attuale sistema, per effetto del regime di “trasparenza” fiscale, per i due soci, il reddito di partecipazione da dichiarare sarebbe pari a euro 40.000,00 cadauno, anche se non effettivamente ricevuto. Con la novella, detto reddito concorrerà alla formazione del reddito complessivo solo nel momento in cui avverrà realmente il prelievo dell’utile.
Sul punto, si osserva che la disposizione contenuta nel disegno di legge, fa riferimento al prelievo, da parte dell’imprenditore e dei soci, dell’utile d’esercizio e, quindi, non della ripartizione del reddito d’impresa, che potrebbe essere di importo superiore o inferiore all’utile d’esercizio conseguito. Il decreto attuativo dovrà, quindi, tenere conto anche di questo aspetto, precisando quale “elemento” occorre prendere in considerazione ai fini della tassazione in capo all’imprenditore e ai soci.
È scritto nella relazione illustrativa, “il nuovo regime di tassazione favorirà, inoltre, la capitalizzazione delle imprese soggette all’IRPEF, evitando che i redditi non prelevati concorrano, in ogni caso, come avviene oggi con il regime della trasparenza fiscale, alla tassazione progressiva IRPEF. Scindendo il reddito dell’impresa da quello dell’imprenditore diviene possibile, da un lato, mantenere una tassazione analoga a quella degli altri redditi da lavoro (dipendente o da pensione) sulla parte di reddito che l’imprenditore ritrae dall’azienda per soddisfare i propri bisogni e, dall’altro, sgravare in modo sostanziale il reddito reinvestito nell’impresa riconoscendo l’utilità sociale della patrimonializzazione e dell’investimento nell’azienda.”
L’IRI – Quanto sopra esposto, fa rivivere la disciplina prevista circa l’imposta sul reddito d’impresa (IRI), peraltro mai entrata in vigore.
Richiamandola, si ricorda che l’articolo 1, commi 547 e 548, della legge n. 232/2016, aveva inserito, nel TUIR, l’articolo 55-bis, rubricato “imposta sul reddito d’impresa”, con il quale si disciplinava la nuova imposta.
Di seguito, i tratti essenziali dell’IRI:
- il reddito d’impresa degli imprenditori individuali e delle società di persone in contabilità ordinaria nonché delle società a ristretta base proprietaria, di cui all’articolo 116 del TUIR, veniva escluso dalla formazione del reddito complessivo ed assoggettato a tassazione a titolo di IRI (tassazione separata) con l’aliquota prevista dall’articolo 77 del Tuir, attualmente fissata al 24 per cento. Dal reddito d’impresa venivano ammesse in deduzione le somme prelevate, a carico dell’utile di esercizio e delle riserve di utili, nei limiti di reddito del periodo d’imposta e dei periodi d’imposta precedenti assoggettati a tassazione separata al netto delle perdite residue computabili in diminuzione dei redditi dei periodi d’imposta successivi, a favore dell’imprenditore, dei collaboratori familiari o dei soci;
- le perdite maturate nei periodi d’imposta di applicazione dell’IRI, potevano essere computate in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi per l’intero importo che trovava capienza in essi. Le perdite non utilizzate al momento della fuoriuscita dal regime IRI si computavano in diminuzione dai redditi secondo le regole previste dall’articolo 8, comma 3, del TUIR, considerando l’ultimo anno di permanenza nel regime come anno di maturazione delle stesse. Nel caso delle società di persone, dette perdite si imputavano a ciascun socio in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili;
- gli utili prelevati e le riserve di utili in precedenza assoggettati a IRI, rappresentavano reddito soggetto a tassazione ordinaria se prelevati dall’imprenditore individuale, dai collaboratori familiari ovvero se distribuiti dalla società di persone ai soci;
- gli imprenditori individuali e le società di persone, potevano optare per l’applicazione dell’IRI a prescindere da qualsiasi parametro dimensionale e, quindi, il regime era fruibile anche da soggetti rientranti nei limiti della contabilità semplificata, purché sussisteva la scelta della redazione della contabilità ordinaria. L’opzione per l’applicazione del regime IRI durava cinque periodi d’imposta rinnovabile. L’opzione doveva essere esercitata nella dichiarazione dei redditi;
- per gli imprenditori individuali e per le società di persone non si applicava, quindi, la disposizione contenuta nell’articolo 5 del TUIR, limitatamente all’imputazione per trasparenza ed alla tassazione del reddito indipendentemente dalla sua percezione;
- le regole IRI non si applicavano alle somme prelevate a carico delle riserve formate con utili precedenti a quelli di applicazione del nuovo regime, ciò in quanto avevano già scontato la tassazione ordinaria;
- le somme prelevate a carico delle riserve di utili, formate nei periodi d’imposta di applicazione dell’IRI e nei limiti in cui le stesse erano state assoggettate a tassazione IRI, al momento dell’uscita dal regime, anche a seguito di cessazione attività, concorrevano a formare il reddito complessivo dell’imprenditore, dei collaboratori e dei soci. A detti soggetti competeva comunque un credito d’imposta in misura pari al 24 per cento, ossia all’aliquota IRI applicata dalla società o dall’imprenditore individuale in costanza del regime in esame.
Ne consegue che, se, per esempio, la società con due soci al 50 per cento in regime IRI, aveva in bilancio riserve di utili per euro 100.000 sulle quali era stata versata l’imposta IRI per euro 24.000 (24% di 100.000), nel momento di uscita dal regime le riserve venivano distribuite ai soci per euro 50.000 ciascuno. Su detto importo dovevano scontare la tassazione ordinaria IRPEF, ma a loro competeva un credito d’imposta in misura di euro 12.000 ciascuno, pari all’imposta versata dalla società per effetto dell’applicazione del regime IRI. Le riserve tassate per trasparenza al momento della loro distribuzione, ed il credito d’imposta spettava ai soci presenti al 31 dicembre dell’anno in cui interveniva la distribuzione.
L’IRI, come anticipato, non è mai entrata in vigore, essendo stata abrogata dall’articolo 1, comma 1055, lett. a), n.2, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
La disciplina dell’IRI comunque è richiamata nel dossier dell’Ufficio studi del Senato e della Camera relativo alla delega sulla riforma fiscale, per cui sembra sia possibile, in futuro, una sua applicazione.