Rivalutazione delle quote societarie preordinata al conferimento realizzativo

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

Con l’ultima manovra finanziaria, per l’ennesima volta, sono stati riaperti i termini per procedere alla rideterminazione dei valori di acquisto delle partecipazioni, procedura storicamente disciplinata dall’articolo 5 della Legge n. 448 del 2001. Nonostante la procedura abbia raggiunto la maggiore età, dopo oltre venti anni dalla sua prima introduzione, restano ancora numerosi dubbi rispetto alla sua efficacia nell’ambito delle procedure di riorganizzazione societaria.

La rivalutazione, reintrodotta per le partecipazioni possedute dal contribuente alla data del 1° gennaio 2023 e da realizzarsi, con redazione e giuramento della perizia di stima e il versamento della prima rata dell’imposta sostitutiva entro il 15 novembre 2023, consente la nuova determinazione del costo fiscalmente riconosciuto valevole ai fini della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze conseguenti alle cessioni titolo oneroso di cui all’articolo 67, comma 1, lettere c) e c-bis) del TUIR. L’odierna versione, a differenza delle precedenti, è aperta anche alle partecipazioni negoziate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione. In quest’ultimo caso non è necessaria la perizia di stima, rilevando ai fini della rivalutazione il valore normale determinato ai sensi dell’articolo 9, comma 4, lettera a), del TUIR con riferimento al mese di dicembre 2022.

La misura in commento nasce quale strumento per favorire, a condizioni meno onerose, l’alienazione delle quote di partecipazione. Dopo tanti anni, tuttavia, non si comprende ancora se tale cessione debba intendersi in senso assoluto, rilevando la cessione a terzi in quanto tale, ovvero in senso relativo, ove risulta decisivo il soggetto a favore del quale la cessione avviene, dovendosi escludere l’efficacia della rivalutazione se preordinata alla realizzazione delle operazioni all’esito delle quali gli assetti partecipativi restano uguali o variati in maniera non significativa.

Il secondo orientamento, alla lettera, coincide con il punto di vista dell’Amministrazione finanziaria. Facendo leva sulla ratio dell’agevolazione, ovvero quella di favorire la circolazione delle partecipazioni societarie, secondo l’Agenzia delle entrate, in assenza di sostanza economica e qualora l’operazione di riveli essenzialmente finalizzata al conseguimento di un vantaggio fiscale, le rivalutazioni preordinate alla realizzazione di operazioni di riorganizzazione cosiddette “circolari” devono considerarsi abusive ai sensi dell’articolo 10-bis dello Statuto del Contribuente.

In tal senso, con il noto Principio di diritto n. 20 del 23 luglio 2019, l’Agenzia delle entrate ha dichiarato la natura abusiva della rivalutazione preordinata alla cessione della partecipazione della società “target” a favore di una società veicolo, con compagine sociale parzialmente coincidente con la società “target” e il mantenimento all’interno del veicolo di particolari poteri da parte del socio cedente. Stessi principi espressi nella Risposta n. 341 del 2019 con la quale l’Amministrazione finanziaria contesta la rivalutazione delle quote della società “target” finalizzata alla cessione a favore della società “newco”, partecipata dai medesimi soci cedenti, e preordinata alla successiva fusione inversa della seconda nella prima. Del medesimo tenore, infine, la Risposta n. 242 del 2020. Al centro delle contestazioni dell’Amministrazione finanziaria c’è sempre la cosiddetta “cessione a se stesso di quote oggetto di rivalutazione”.

Benché la giurisprudenza di legittimità (Cass. 25131 del 2021, Cass. 7359 del 2020) abbia contestato tale automatismo in senso favorevole al contribuente, rilevando piuttosto la necessità di indagare le ragioni extrafiscali che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa dei benefici fiscali (quali potrebbero essere l’esigenza di dirimere un conflitto societario o realizzare il passaggio generazionale), così valorizzando la libertà di scelta fra operazioni che comportano un differente carico fiscale (Cass. n. 439 del 2015), resta ancora da comprendere se, in tutti i casi in cui non sia applicabile l’articolo 177, comma 2, del TUIR, la rivalutazione di quote societarie preordinata al conferimento delle stesse in una holding di partecipazione costituisca o meno, alla stregua dei prospettati casi di leverage cash out, un’operazione in abuso del diritto.

Si pensi al caso del conferimento di una quota di minoranza della società “target”, precedentemente rivalutata, che non consenta alla società conferitaria di acquisire o ovvero incrementare il controllo, fattispecie in cui l’operazione assume natura realizzativa secondo il valore normale delle quote conferite. Se da un lato è indubbio il vantaggio fiscale che si andrebbe ad ottenere rivalutando la quota di partecipazione, applicando la più favorevole imposta sostitutiva in luogo dell’imposizione ordinaria, la cui plusvalenza è determinata sulla valore normale di cui all’articolo 9, comma 5, del TUIR, dall’altro sono numerose e concrete le ragioni che possono giustificare una tale operazione di riorganizzazione aziendale. A differenza dei casi di leverage cash out, inoltre, a seguito del conferimento, il contribuente non monetizza alcunchè, ma vede semplicemente sostituirsi le quote societarie di propria spettanza.

Con riferimento al caso prospettato, pertanto, è necessario valorizzare il principio del legittimo risparmio d’imposta. Soluzione già presente nell’ordinamento tributario considerando che ai sensi del citato articolo 10-bis, comma 4, dello Statuto del Contribuente resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale.