L’aggregazione professionale, tanto necessaria, è stata lasciata in balia di una normativa inadeguata. A causa della mancanza di specifiche disposizioni, e del ruolo da padrona assunto dall’Amministrazione finanziaria con interpretazioni letterali, e troppo restrittive, le implicazioni tributarie delle operazioni di riorganizzazione degli studi professionali hanno generalmente impedito la nascita delle società fra professionisti.
Non a caso la problematica delle aggregazioni professionali è al centro del disegno di legge delega per la riforma del sistema fiscale. Fra le disposizioni inerenti il sistema di imposizione sui redditi delle persone fisiche il testo del provvedimento all’esame della Commissione Finanze della Camera dei Deputati prevede la neutralità fiscale delle operazioni di aggregazione e riorganizzazione degli studi professionali, comprese quelle riguardanti la trasformazione da associazioni professionali di cui all’articolo 5 del TUIR a società tra professionisti. Sulla scia, inoltre, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, nell’ambito delle proposte emendative, ha consigliato il superamento definitivo della causa di esclusione dal regime forfettario prevista per i soggetti che partecipano a società di persone e ad associazioni professionali, superando l’attuale sistema duale, a favore di un modello integrato in cui, ai fini della verifica del rispetto del limite compensi a cui sono soggetti i professionisti in regime speciale, rilevi la somma dei compensi percepiti nell’esercizio dell’attività svolta in forma individuale e la quota dei compensi dell’associazione professionale, imputabile all’esercente arte o professione in proporzione della quota di partecipazione agli utili spettante in trasparenza fiscale.
Le due principali barriere all’aggregazione professionale sono costituite, appunto, dall’acclarato regime realizzativo delle operazioni straordinarie e dall’antagonismo, oggi esistente, fra il regime forfettario e l’esercizio in forma associata delle arti e professioni.
Sotto il primo punto di vista, in considerazione dell’evoluzione della natura del reddito che si viene a verificare, da reddito di lavoro autonomo a reddito d’impresa, non è possibile estendere al conferimento dello studio professionale a favore di una società tra professionisti il regime di assoluta neutralità previsto dall’articolo 176 del TUIR, secondo il modello della continuità dei valori fiscalmente riconosciuti, dedicato esclusivamente ai conferimenti di complessi aziendali. Nel caso di specie l’oggetto del conferimento, infatti, non è un’azienda.
Secondo l’Amministrazione finanziaria, piuttosto, l’operazione di conferimento deve essere disciplinata dal combinato disposto degli articoli 9, comma 5, e 54 del TUIR, alla stregua di una cessione a titolo oneroso rilevante anche ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. La circostanza che lo studio professionale non possa qualificarsi alla stregua di un’azienda di cui all’articolo 2555 del codice civile, infatti, impedisce di applicare l’articolo 2, comma 3, lettera b del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
L’operazione di conferimento di beni materiali ed immateriali dello studio professionale, tuttavia, acquisisce rilevanza fiscale limitatamente alle fattispecie reddituali previste dall’articolo 54 del TUIR (Risposta n. 125 del 2018). Ad esempio concorrono alla formazione del reddito imponibile le plusvalenze realizzate sul trasferimento dei beni strumentali, per la quota corrispondente alla differenza fra il valore normale del bene conferito e il suo costo fiscalmente riconosciuto. Logicamente nella misura in cui il costo sostenuto per l’acquisto dei beni strumentali non sia deducibile, la plusvalenza patrimoniale assume rilevanza nella stessa proporzione esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato. Nel caso dei beni immobili, di conseguenza, il conferimento del bene immobile strumentale all’attività professionale assumerà rilevanza solo nel caso in cui le relative quote di ammortamento, in ragione della normativa applicabile, erano deducibili (Risoluzione n. 310/E del 2008).
Pertanto in fase di conferimento dello studio professionale ad assumere rilevanza fiscale saranno esclusivamente le fattispecie espressamente previste dal citato articolo 54 del TUIR, per come sono ivi descritte. Per questo motivo, ad esempio, in fase di conferimento, al contrario dei beni strumentali, non assume alcuna rilevanza la cessione di clientela. L’articolo 54, comma 1-quater, del TUIR condiziona il concorso alla formazione del reddito imponibile all’effettiva percezione di un corrispettivo, rilevante secondo il criterio di cassa che contraddistingue tale tipologia di contribuenti. In tal senso si è espressa anche l’Amministrazione finanziaria secondo la quale non emerge alcuna materia imponibile da assoggettare a tassazione quando a fronte dell’apporto di clientela a favore di un’associazione professionale, ma tanto vale anche per le STP, non è prevista alcuna remunerazione (Circolare n. 8/E del 2009). In altri termini la quota di partecipazione ricevuta a fronte dell’apporto di clientela effettuato in fase di conferimento non assume alcuna rilevanza (Risoluzione n. 177/E del 2009).
Con riferimento al secondo fattore impeditivo, anche complice l’aumento della soglia di compensi previsto dal 2023 per i contribuenti forfettari, se davvero si vuole favorire l’aggregazione professionale, non c’è altra soluzione che superare l’attuale approccio duale che esclude, indipendentemente dal peso della partecipazione, i professionisti in regime speciale se soci di associazioni professionali o società di cui all’articolo 5 del TUIR.