Per la remissione in bonis della comunicazione finalizzata all’esercizio dell’opzione di cessione del credito, l’accordo di cessione non deve essere necessariamente dotato di data certa. Il comportamento concludente, coerente con l’esercizio dell’opzione di trasferimento, può essere dimostrato con ogni mezzo di prova.
Con particolare riferimento agli adempimenti richiesti per l’esercizio delle opzioni di trasferimento previste dall’articolo 121 del Decreto Legge n. 34 del 2020, la Circolare n. 33/E del 2022 ha aperto all’istituto della remissione in bonis di cui all’articolo 2, comma 1, del Decreto Legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito con modificazioni dalla Legge 26 aprile 2012, n. 44, in tutti i cui in cui la comunicazione non sia stata trasmessa per tempo. La regolarizzazione, in linea con il dettato normativo, è condizionata alla sussistenza di tutti i requisiti sostanziali per usufruire della detrazione di imposta relativa alle spese dell’anno di riferimento, al comportamento del contribuente coerente con l’esercizio dell’opzione (in particolare, nelle ipotesi in cui tale esercizio risulti da un accordo o da una fattura precedenti al termine di scadenza per l’invio della comunicazione), alla condizione che non siano già state poste in essere attività di controllo in ordine alla spettanza del beneficio fiscale che si intende cedere o acquisire sotto forma di sconto sul corrispettivo e, infine, al versamento nella misura minima della sanzione prevista.
Si pone ora il dubbio se, ai fini della trasmissione tardiva della comunicazione, l’accordo di cessione debba essere dotato di data certa antecedente al termini di invio, per le spese sostenute nel 2022 fissato definitivamente al 31 marzo 2023. La risposta, evidentemente, non può che essere negativa. Non solo perché tale requisito non è imposto dalla normativa applicabile, nè previsto dall’Amministrazione finanziaria nella citata Circolare n. 33/E del 2022, ma in quanto una tale richiesta violerebbe i principi che regolano in ambito tributario, e non solo, i regimi di prova. Ai sensi dell’articolo 2729 del codice civile, infatti, vige nel rapporto tributario la regola generale secondo la quale è ammessa la prova per presunzioni semplici. Ne consegue, in assenza di una specifica imposizione, che il contribuente potrà dimostrare, anche attingendo a plurimi elementi indiziari, la preesistenza dell’accordo di cessione, fornendo, all’occorrenza, la scrittura privata sottoscritta dalle parti e la corrispondenza che normalmente intercorre per la realizzazione di tale operazione.
Sempre in tema di remissione in bonis si pone un altro dubbio, ovvero cosa si debba intendere per soddisfacimento dei requisiti sostanziali per usufruire della detrazione di imposta relativa alle spese dell’anno di riferimento. Si prenda ora il caso del contribuente che, a causa della mancata risposta da parte del GSE, non abbia potuto cedere le detrazioni relative agli interventi codici 19 e 20, ovvero relativi agli impianti fotovoltaici e ai correlati sistemi di accumulo, per spese sostenute nel 2022. Qualora questo, successivamente al 31 marzo 2023, riceva l’accettazione da parte dell’ente gestore dell’energia, potrà accedere alla remissione in bonis per cedere il complessivo credito maturato? La risposta è ancora negativa.
Ai sensi dell’articolo 119, comma 7, del Decreto Legge n. 34 del 2020, la detrazione di cui ai commi 5 e 6 dello stesso articolo è subordinata alla cessione in favore del Gestore dei servizi energetici (GSE), con le modalità di cui all’articolo 13, comma 3, del Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, dell’energia non autoconsumata in sito ovvero non condivisa per l’autoconsumo, ai sensi dell’articolo 42-bis del Decreto Legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 febbraio 2020, n. 8. Sotto questo punto di vista senza l’accettazione dell’istanza da parte del GSE, a mezzo mail, propedeutica alla successiva attivazione della convenzione, la detrazione non viene ancora ad esistenza, nonostante il sostenimento delle spese.
Non è, infatti, una condizione imposta per la cessione del credito, ma un fattore di esistenza stessa della detrazione fiscale (“in considerazione dell’iter procedimentale sopra descritto, si ritiene pertanto che il contribuente possa fruire del Superbonus anche nelle more del perfezionamento del contratto col Gestore dei servizi energetici a condizione, tuttavia, di essere in possesso della comunicazione di accettazione dell’istanza da parte del GSE” Risposta n. 57 del 2022). Ne consegue, pertanto, che il contribuente sarà costretto, salvo gentili concessioni dell’Amministrazione finanziaria, a detrarre la prima quota in dichiarazione dei redditi, con possibilità di cessione delle sole rate residue.