La disciplina dell’equo compenso potrebbe avere ripercussioni dirette sull’attività di accertamento degli uffici dell’Agenzia delle Entrate. Tuttavia, non sembra che i corrispettivi così determinati possano costituire un parametro fondamentale ai fini dell’attività di verifica.
A tal proposito la Corte di Giustizia Tributaria dell’Abruzzo ha ritenuto illegittimo l’accertamento presuntivo di un reddito dichiarato da un professionista, laddove fondato esclusivamente sugli onorari minimi consigliati da un’associazione professionale, ma in assenza di ulteriori elementi posti a fondamento della pretesa tributaria. Il principio è stato affermato dalla sentenza n. 80/7/2023.
L’Agenzia delle Entrate aveva notificato ad un dottore commercialista un avviso di accertamento argomentando la maggiore pretesa tributaria con l’emissione delle relative fatture di un importo inferiore ai minimi tariffari, ma considerata l’abrogazione delle tariffe professionali, il parametro di riferimento utilizzato dall’Agenzia delle entrate era costituito dai compensi minimi indicati dall’associazione nazionale dei commercialisti. Nello specifico l’avviso di accertamento ha interessato l’Irpef, l’Irap e l’Iva. Secondo quanto eccepito dal professionista nel ricorso introduttivo, l’avviso di accertamento assoggettava ad imposizione compensi professionali non incassati. Inoltre, l’atto dell’Ufficio era fondato esclusivamente sul numero dei clienti assistiti.
Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso introduttivo presentato dal professionista ritenendo come la maggiore pretesa tributaria non potesse essere fondata esclusivamente sul mero richiamo di meri parametri tariffari consigliati dall’associazione. L’Ufficio, però, ha presentato ricorso in appello affermando come l’accertamento analitico – presuntivo fosse fondato su elementi certi e, in particolare, sulla presunzione secondo cui non era possibile che un professionista prestasse le proprie competenze economiche senza percepire alcun corrispettivo o percependo compensi irrisori.
La Corte di Giustizia di secondo grado dell’Abruzzo ha rigettato il ricorso in appello eccependo l’utilizzo del metodo di accertamento analitico presuntivo. Infatti, tale metodologia di accertamento dovrebbe fondarsi su elementi di riscontro ben precisi che, se adeguatamente supportati, dovrebbero far emergere l’evasione. Tali elementi erano del tutto mancanti nella fattispecie in contestazione. Al contrario. La ricostruzione effettuata dall’Ufficio era fondata esclusivamente su una vaga e generica ricostruzione degli elementi contabili circa la presunta gratuità delle prestazioni. L’Agenzia delle entrate non ha quindi affatto dimostrato che talune prestazioni siano state rese in mancanza della corresponsione del relativo corrispettivo.
Diversamente, il professionista ha fornito la prova che gli importi fatturati, non erano relativi a prestazione rese gratuitamente. Conseguentemente, l’attività di accertamento, secondo la Corte di Giustizia, non poteva essere genericamente fondata sul fatto che i compensi fatturati erano inferiori ai minimi indicati da un’associazione professionale. In buona sostanza, secondo quanto precisato dal giudice di merito, la fatturazione di un corrispettivo inferiore ai minimi tariffari non può costituire, da solo, un elemento presuntivo di evasione dell’imposta. Ciò in quanto le tariffe indicate dagli Ordini professionali costituiscono esclusivamente elaborazioni statistiche. Conseguentemente, non possono costituire un elemento idoneo e sufficiente per legittimare un accertamento analitico induttivo che, al contrario, deve essere supportato da elementi ben più rigorosi rispetto ai predetti minimi. Pertanto, nel caso in esame, l’Agenzia delle entrate avrebbe dovuto fornire ulteriori elementi per considerare fondata la maggiore pretesa impositiva e tale circostanza non è affatto avvenuta.
La decisione dei giudici di merito è ampiamente condivisibile anche se la stessa sembra porsi in contrasto con l’orientamento della Corte di Cassazione, ed in particolare con la sentenza n. 6527/2013 anche se piuttosto risalente.