Accertamento anticipato prima del termine di 60 giorni dalla consegna dal PVC: è nullo

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

L’avviso di accertamento emesso prima del termine di 60 giorni dalla consegna del PCV è nullo. Il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21517/2023. Il predetto termine è previsto dall’art. 12, comma 7 della L. n. 212/2000 (c.d. Statuto del contribuente). Tale termine può non essere osservato esclusivamente laddove ricorrano specifiche ragioni d’urgenza.

La previsione è stata stabilita dal legislatore a garanzia del contribuente al fine di consentire con attenzione l’esame di quanto emerso nel corso della verifica fiscale ed impostare, di conseguenza, la migliore strategia difensiva.

La controversia presa in esame dalla Suprema Corte riguardava un’ispezione fiscale eseguita dalla Guardia di Finanza avente ad oggetto le movimentazioni bancarie dei conti correnti. L’Agenzia delle Entrate, però, senza attendere il decorso del predetto termine dopo la consegna del PVC, ha notificato l’avviso di accertamento. Conseguentemente, il contribuente ha eccepito in via preliminare nel ricorso introduttivo la nullità dell’avviso di accertamento.

Le argomentazioni dell’Agenzia delle Entrate non hanno trovato accoglimento nei primi due gradi di giudizio. I giudici hanno dato seguito al consolidato orientamento formatosi anche in conseguenza della pronuncia della Corte di Cassazione riunita a Sezioni Unite (sentenza n. 18184/2013).

Il principio affermato dall’ordinanza in commento è, come detto, oramai consolidato. Tuttavia, la pronuncia assume rilevanza in quanto ha chiarito che la nullità dell’avviso di accertamento non viene meno nel caso in cui durante l’attività di verifica siano stati riconosciuti termini per esporre le difese in quanto “la garanzia di tutela del contribuente assicurata mediante il termine dilatorio in questione non ammette equipollenti, non potendo essere sostituita da un contraddittorio più o meno lungo ed intenso svoltosi tra le parti”. Ciò in quanto il legislatore ha riconosciuto al contribuente tale termine “alla conclusione delle indagini svolte presso di lui”, quindi per “esaminare i dati raccolti dai verificatori e determinarsi sulla sua successiva condotta”.

Secondo quanto precisato dalla Suprema Corte, la nullità dell’avviso di accertamento non viene meno neppure nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate abbia esposto nella motivazione dell’avviso di accertamento le ragioni per le quali ha ritenuto non condivisibili le difese esposte dal contribuente in sede di verifica. In buona sostanza l’osservanza del predetto termine di 60 giorni non può essere sostituito con comportamenti “equipollenti” assunti dall’Ufficio accertatore con l’intento di assicurare comunque al contribuente l’esercizio del diritto alla difesa.

In passato la giurisprudenza ha ritenuto, sia pure in limitate ipotesi, la legittimità dell’avviso di accertamento emesso prima del predetto termine di 60 giorni qualora le parti si siano ampiamente confrontate nel corso di un contraddittorio. Si tratta, nello specifico, della sentenza n. 11391/2017 in quanto i rilievi del PVC erano stati oggetto di contraddittorio stesso. Questo orientamento, in verità assai circoscritto, dovrebbe ora essere definitivamente superato.

I giudici di legittimità hanno chiarito che solo l’effettiva esistenza di ragioni di urgenza fa venire meno la nullità dell’atto. Nel caso in contestazione, l’Agenzia delle Entrate si è limitata a fornire affermazioni generiche quali l’ammontare delle somme contestate, l’esistenza di atti di accertamento per precedenti annualità e la circostanza che il contribuente fosse in liquidazione e che avesse anche trasferito, senza alcuna giustificazione, la propria residenza.

Secondo l’ordinanza in commento, le ragioni esposte dall’Agenzia delle Entrate non integrano i motivi di urgenza richiesti dalla disposizione per anticipare l’emissione dell’avviso di accertamento.