Bonus beni strumentali: la scelta del metodo di contabilizzazione e i suoi effetti fiscali

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

Per il credito d’imposta sulle acquisizioni di beni strumentali, il metodo contabile di rilevazione “diretto”, previsto per i contributi in conto impianti, è penalizzante per il contribuente. In ragione del generale principio che, salvo deroghe espresse, impone la previa imputazione al conto economico delle quote di ammortamento quale condizione essenziale per la loro deducibilità dal reddito d’impresa, la decurtazione del contributo ricevuto dal costo di acquisizione del bene, infatti, non consente di cogliere l’effetto della prevista “defiscalizzazione”.

Con riferimento ad entrambe le versioni, prima con l’articolo 1, comma 192, della Legge n. 160 del 2019, poi con l’articolo 1, comma 1059, della Legge n. 178 del 2020, il credito d’imposta conseguente all’acquisizione dei beni strumentali non concorre alla formazione del reddito, nonché della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive. In particolare, in deroga ai principi generali che considerano sempre imponibili gli aiuti e gli incentivi riconosciuti dalle imprese (contributi in conto esercizio, in conto impianto e in conto capitale), il risparmio fiscale conseguente alla sua detassazione è considerato, esso stesso, un beneficio fiscale da considerare ai fini della verifica del divieto del cosiddetto doppio finanziamento. Il credito d’imposta, infatti, è cumulabile con altre agevolazioni, ma a condizione che in conseguenza di tale cumulo, e tenuto conto del predetto effetto benefico, non venga superato l’importo del costo sostenuto.

Orbene, applicando nel caso di specie il criterio di rilevazione “diretto” dei contributi in conto impianti, in base al quale i contributi sono portati a riduzione del costo delle immobilizzazioni materiali, con conseguenti minori ammortamenti nei successivi esercizi di competenza (“gli ammortamenti determinati sul valore dell’immobilizzazione materiale al netto dei contributi” OIC 16), l’effetto della detassazione viene inevitabilmente perso. L’articolo 109, comma 4, del TUIR, secondo l’attuale formulazione del “doppio binario” civilistico-fiscale, dispone che le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati al conto economico relativamente all’esercizio di competenza. Tale regola trova due deroghe: sono sempre deducibili gli oneri imputati al conto economico in un esercizio differente, se tale deduzione è stata rinviata in conformità alle precedenti disposizioni della medesima norma; di pari sono deducibili gli oneri che pur non essendo imputati al conto economico, sono deducibili per espressa previsione di legge.

Di conseguenza l’eventuale differenza dell’ammortamento effettuato è quello potenzialmente deducibile in base all’applicazione delle disposizioni fiscali non assume rilevanza ai fini della determinazione del reddito d’impresa. Si prenda il caso di un investimento in beni ricompresi nell’allegato A annesso alla Legge 11 dicembre 2016, n. 232, per complessivi 100.000 euro, per il quale spetta un credito d’imposta pari al 40 per cento. Optando per il metodo “diretto” il costo ammortizzabile viene automaticamente decurtato di 40.000 euro, ovvero del corrispondente contributo in conto impianti, riducendo il costo ammortizzabile a 60.000 euro. Ipotizzando un periodo di ammortamento decennale, salvo che per il primo anno, l’ammortamento annuo deducibile è pari a 6.000 euro.

Scenario del tutto differente rispetto alla contabilizzazione alternativa, secondo il metodo “indiretto”, ovvero in base al quale i contributi sono dapprima imputati alla voce A.5 del Conto economico, fra gli “Altri ricavi e proventi”, e poi successivamente rinviati per competenza agli esercizi seguenti mediante l’iscrizione fra i risconti passivi (“sono imputati al conto economico, da un lato, gli ammortamenti calcolati sul costo lordo delle immobilizzazioni materiali, dall’altro, gli altri ricavi e proventi per la quota di contributo di competenza dell’esercizio” OIC 16). Optando per tale modalità di rilevazione, da un lato i contributi in conto impianti in commento vengono integralmente sterilizzati con una variazione in diminuzione, in ragione della citata “defiscalizzazione”, dall’altro gli ammortamenti vengono determinati al lordo dei benefici fiscali, con una maggiore deduzione e conseguente maggiore risparmio fiscale. Tornando all’esempio proposto, con il metodo “indiretto” il costo ammortizzabile non subisce variazioni e l’ammortamento deducibile, salvo che per il primo anno, corrisponde a 10.000 euro.

Con riferimento al superammortamento la problematica era stata già affrontata dall’Amministrazione finanziaria. Superando il precedente orientamento ufficiale (Circolare n. 22/E del 2016) con il quale veniva affermato che il costo agevolabile, da maggiorare, andava determinato al netto dei contributi in conto impianto, con la Circolare n. 4/E del 2017 l’Agenzia delle entrate ha affermato che il costo dei beni agevolati, indipendentemente dalle modalità di rilevazione prescelte, va determinato al lordo degli eventuali contributi in conto impianto.

Tali chiarimenti, tuttavia, non sembrano potersi applicare al caso dei crediti d’imposta. La differenza fra le due tipologie di applicazioni è profonda, invalicabile è il principio che impone la previa imputazione al conto economico degli ammortamenti. Conclusione: scegliendo il metodo “diretto” minori saranno gli ammortamenti deducibili.