Come noto, in sede di conversione del decreto Aiuti-bis, è stato modificato il comma 6 dell’articolo 121 del DL 34/2020 e l’ipotesi di concorso in violazione del fornitore e dei cessionari è stata limitata ai soli casi di dolo o colpa grave, a condizione che per i crediti originati dall’esercizio di una delle opzioni di cui all’articolo 121, del decreto Rilancio, siano stati acquisiti, nel rispetto delle previsioni di legge, i visti di conformità, le asseverazioni e le attestazioni di cui all’articolo 119 e di cui all’articolo 121, comma 1-ter.
Pertanto, a seguito di tale modifica, affinché il fornitore o il cessionario possa considerarsi responsabile in solido con il beneficiario della detrazione in ipotesi di carenza dei relativi presupposti costitutivi, lo stesso deve aver operato con dolo o colpa grave, risultando, invece, irrilevante l’ipotesi di colpa lieve.
Al fine di meglio inquadrare la portata della modifica normativa intervenuta è necessario soffermarsi, in generale sui seguenti due aspetti:
- sul concorso nella violazione.
- sull’elemento soggettivo dell’illecito tributario (dolo o colpa).
Importanti chiarimenti in merito a tali due aspetti sono stati forniti dall’Agenzia delle Entrate nella recente circolare n. 33/E/2022.
Concorso nella violazione –Per quanto riguarda il concorso nella violazione in materia tributaria, l’articolo 9 del d.lgs. n. 472 del 1997 stabilisce, in linea di principio, che «Quando più persone concorrono in una violazione, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta. Tuttavia, quando la violazione consiste nell’omissione di un comportamento cui sono obbligati in solido più soggetti, è irrogata una sola sanzione e il pagamento eseguito da uno dei responsabili libera tutti gli altri, salvo il diritto di regresso».
In linea generale, dunque, al soggetto che ha concorso in una violazione è irrogata la sanzione prevista per la medesima violazione, a meno che l’errore non sia incolpevole.
Le nozioni di dolo e colpa grave – L’Agenzia delle Entrate nella recente circolare 33/E/2022 fornisce interessanti precisazioni sulle nozioni di dolo e colpa grave.
In base a quanto illustrato nel predetto documento di prassi per l’individuazione delle sopra citate nozioni occorre fare riferimento al d.lgs. n. 472 del 1997, che reca disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie e ai chiarimenti già forniti con la circolare n. 180 del 10 luglio 1998.
Alla luce di ciò l’Agenzia nella citata circolare nello specifico chiarisce che si considera dolosa, ai sensi del richiamato articolo 5, comma 4, del d.lgs. n. 472 del 1997, «la violazione attuata con l’intento di pregiudicare la determinazione dell’imponibile o dell’imposta ovvero diretta ad ostacolare l’attività amministrativa di accertamento».
Ciò che rileva in questa nozione è dunque la volontà dell’autore della violazione consapevolmente diretta all’evasione, cosicché non è mai possibile considerare doloso quel comportamento che, pur violando la legge tributaria, non persegua intenzionalmente siffatto obiettivo.
Per quanto attiene invece alla nozione di colpa grave, ai sensi del citato articolo 5, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997, la stessa sussiste «quando l’imperizia o la negligenza del comportamento sono indiscutibili e non è possibile dubitare ragionevolmente del significato e della portata della norma violata e, di conseguenza, risulta evidente la macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari […]».
Essa è, pertanto, connessa all’imperizia o negligenza indiscutibili ovvero, avendo riguardo al possibile errore di diritto, all’impossibilità di dubitare ragionevolmente del significato e della portata della norma violata. Si tratta di comportamenti derivanti dall’evidente macroscopica inosservanza di obblighi tributari elementari.
Ad esempio a parere dell’Agenzia il dolo ricorre quando il cessionario è consapevole dell’inesistenza del credito, come ad esempio nel caso in cui quest’ultimo abbia preventivamente concordato con l’asserito beneficiario originario le modalità di generazione e fruizione dello stesso ovvero qualora il carattere fittizio del credito sia manifestamente evidente ad un primo esame, da chiunque condotto, e ciononostante il cessionario proceda comunque all’acquisizione e alla compensazione dello stesso nel modello F24, traendo un beneficio fiscale indebito correlato al credito inesistente.
La colpa grave ricorre invece quando il cessionario abbia omesso, in termini “macroscopici”, la diligenza richiesta, come, ad esempio, nel caso in cui l’acquisto dei crediti sia stato eseguito in assenza di documentazione richiesta o in presenza di una palese contraddittorietà della documentazione prodotta dal cedente.
Grado della colpa da valutare in base alla professionalità del cessionario – Ma attenzione la stessa Amministrazione Finanziaria non manca di evidenziare che il grado della colpa deve essere valutato prendendo a riferimento la condotta dell’agente in ragione del suo profilo professionale.
In altri termini la diligenza richiesta ai fini della individuazione della colpa non potrà che essere valutata tenendo conto della natura dell’attività professionale o d’impresa svolta dal cessionario, richiedendosi un livello di diligenza particolarmente qualificato, ad esempio, nei casi in cui il soggetto sia tenuto al rispetto di normative regolamentari e alle indicazioni delle autorità di vigilanza preposte.
Ancora una volta l’Agenzia dunque fa cenno ai maggiori profili di diligenza attesi da cessionari particolarmente qualificati quali ad esempio le banche o le imprese di assicurazione ma certamente in una versione più attenuata rispetto a quella paventata nella situazione ante-riforma.