CFP perequativo: osservazioni e considerazioni in ordine ai valori reddituali da porre a confronto

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

Come noto, il cd. decreto Sostegni-bis D.L. 73/2021, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106 prevede, all’articolo 1, quattro tipologie di contributi a fondo perduto. Due di questi appartengono già al passato: il cd. contributo automatico, consistente nel 100% del contributo già riconosciuto ai contribuenti che avevano ottenuto il CFP Sostegni D.L. 41/2021, e il cd. contributo attività stagionali, previsto dai commi 5-15 dell’art. 1 D.L. 73/2021, il cui termine di presentazione delle istanze è spirato il 2 settembre 2021.

A questi contributi si aggiungono quello cd. “perequativo” o reddituale, nonché quello previsto a favore dei contribuenti con ricavi di ammontare superiore a 10milioni di euro. Con riferimento a quest’ultima fattispecie destinata ai “grandi contribuenti” ancora non si dispone pressoché di alcuna indicazione, mentre il terzo contributo nell’ordine di presentazione della legge, ovvero il perequativo, resta indeterminato nell’ammontare e nei requisiti, ma quanto meno alcune informazioni sono recentemente pervenute.

È bene ricordare, innanzi tutto, che con DPCM firmato il 6 settembre 2021 è stato previsto lo slittamento del termine di presentazione della dichiarazione dei Redditi finalizzata all’ammissione al contributo perequativo dal 10 al 30 settembre 2021.

Inoltre, con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate protocollo n. 227357 del 4 settembre 2021, sono stati stabiliti i righi che occorrerà porre a confronto per verificare il calo reddituale, ovvero una delle condizioni di accesso al contributo stesso (per quanto non sia ancora stato definito l’ammontare del calo stesso).

Dall’analisi dei “puntamenti” ai diversi righi dei modelli Redditi 2019 e 2020 cui occorre fare riferimento per la verifica del calo, emergono alcune considerazioni e spunti di riflessione.

Innanzi tutto, si evidenzia il fatto che in presenza di reddito influenzato dallo scomputo di perdite di esercizi precedenti, queste sono assolutamente irrilevanti. A dover essere posto a confronto è il reddito ante perdite riportate, il che è oggettivamente condivisibile, visto che a dover essere confrontate sono le rese reddituali come influenzate dall’emergenza epidemiologica da Covid-19, valori quindi che nulla hanno a che fare con le eventuali perdite pregresse.

Altrettanto condivisibile è la circostanza che in caso di impresa familiare a dover essere messo a confronto non sia il reddito imputabile al titolare, bensì il reddito aziendale nel suo insieme, prima dell’eventuale assegnazione di quote ai collaboratori familiari. Infatti, se è ben vero che il titolare dell’azienda deve sempre farsi carico come minimo del 51% del reddito aziendale, è altrettanto vero che si tratta di una percentuale che potrebbe anche essere maggiore e variare di anno in anno, in ragione della quantità e qualità di lavoro prestato dai collaboratori. Ecco perché occorre considerare il reddito al lordo di una eventuale ripartizione, oltre che per il fatto che il contributo a fondo perduto viene riconosciuto a fronte di una perdita reddituale del complesso aziendale, da intendersi nel suo insieme.

Più di qualche perplessità, invece, scaturisce dalla lettura dei righi che occorre mettere a confronto nel caso di contribuenti in regime di vantaggio, oppure in regime forfettario.

In questi casi, infatti, i “puntamenti” da prendere in considerazione sono i righi LM8, col. 1 oppure LM36, col. 1, ovvero “Reddito d’impresa e di lavoro autonomo analitico (vantaggio) e forfettario al lordo delle perdite”. Ad una prima occhiata parrebbe essere un campo del tutto equivalente a quelli presi in considerazione nel caso di imprese in contabilità ordinaria o semplificata, o nel caso di lavoro autonomo, posto che a rilevare è sempre il reddito al netto di eventuali perdite di esercizi precedenti, ma in realtà vi è una profonda differenza.

Infatti, i righi cui si fa riferimento sono quelli che espongono il reddito, determinato secondo le regole proprie del regime di vantaggio o del regime forfettario, già al netto dei contributi previdenziali ed assistenziali.

Questo approccio ha suscitato una serie di perplessità, posto che il “peso” dei contributi previdenziali è presente solo per queste due tipologie, mentre i contribuenti che determinano i redditi secondo i criteri ordinari non espongono la contribuzione nel quadro d’impresa o professionale, bensì nel quadro RP, come onere deducibile.

Sul punto vi è da evidenziare, soffermandoci a titolo esemplificativo solo sui forfettari, che il regime forfettario previsto dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190, all’articolo 1, comma 54 e seguenti, prevede che la determinazione del reddito avvenga applicando all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti il coefficiente di redditività stabilito in base al codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata; prevede inoltre la medesima norma che “I contributi previdenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, compresi quelli corrisposti per conto dei collaboratori dell’impresa familiare fiscalmente a carico, ai sensi dell’articolo 12 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni, ovvero, se non fiscalmente a carico, qualora il titolare non abbia esercitato il diritto di rivalsa sui collaboratori stessi, si deducono dal reddito determinato ai sensi del presente comma”.

Ne consegue che il fatto che i contributi previdenziali vengano espressamente “assorbiti” nella determinazione del reddito di impresa o di lavoro autonomo è, in questi casi, circostanza espressamente prevista dalla norma.

Tuttavia, questa differenza così sostanziale nei valori da prendere a riferimento (ovvero al netto dei contributi per i regimi agevolati, ed al lordo dei contributi per i regimi ordinari) potrebbe ragionevolmente generare più di una stortura laddove i due esercizi da porre a confronto, ovvero il 2019 ed il 2020, riportassero redditi determinati secondo criteri differenti tra loro, ad esempio a seguito di passaggio dalla contabilità semplificata al regime forfettario, o viceversa.