CFP Sostegni bis: precluso alle imprese in difficoltà

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

Con l’art. 1 del Decreto Sostegni bis, il Governo ha previsto la possibilità per le imprese ed i professionisti, che versano in situazione di disagio economico a causa dell’emergenza Covid-19, di poter usufruire di nuovi fondi a titolo di Contributo a Fondo Perduto (aiuto di Stato).

L’articolo 1 del DL n. 73/2021 delinea, in particolare, due diverse tipologie di contributo: un contributo automatico, che nella sostanza replica l’aiuto già ricevuto con il primo decreto “Sostegni” oppure un diverso ristoro, su domanda, basato sul calo di fatturato patito nel periodo 1° aprile 2020 – 31 marzo 2021 rispetto ai precedenti dodici mesi. Sempre su istanza dell’interessato è possibile ottenere inoltre un un’ulteriore somma a titolo di “conguaglio” in base ai dati del conto economico ma per ottenerlo, la dichiarazione dei redditi relativa al 2020 andrà presentata anticipatamente, entro il 10 settembre 2021.

Un scenario di certo più articolato rispetto a quello visto con i precedenti decreti emergenziali.

Imprese in difficoltà – Al pari delle altre edizioni del CFP, al di là delle condizioni formali fissate nel mentovato art. 1 per l’accesso al beneficio, anche per le nuove risorse messe a disposizioni dal Decreto sostegni bis risulta imprescindibile il rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modifiche”.

Lo stesso comma 13 del citato art. 1 fa espresso riferimento al predetto quadro temporaneo con la conseguenza che anche con riferimento alle nuove risorse messe a disposizione dal governo vale la regola per cui l’aiuto non può essere concesso a imprese che si trovavano già in difficoltà (ai sensi del regolamento generale di esenzione per categoria) in base alla definizione di cui all’articolo 2, punto 18, del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato (GU L. 187 del 26.6.2014, pag. 1). Qualsiasi riferimento nel quadro temporaneo alla definizione di “impresa in difficoltà” di cui all’articolo 2, punto 18, del regolamento (UE) n. 651/2014 deve essere inteso come riferimento alle definizioni contenute rispettivamente nell’articolo 2, punto 14, del regolamento (UE) n. 702/2014 e nell’articolo 3, punto 5, del regolamento (CE) n. 1388/2014.

Ne discende che, tra le ulteriori “cause ostative”, non esplicitate e/o richiamate dal legislatore, sussiste anche la condizione che l’impresa richiedente non debba versare, al 31 dicembre, in una situazione di “difficoltà”, seconda quella che è la definizione fornita dal Regolamento europeo n. 651/2014.

Infatti, questo all’art. 2, punto 18 definisce: “«impresa in difficoltà»: un’impresa che soddisfa almeno una delle seguenti circostanze:

a) nel caso di società a responsabilità limitata (diverse dalle PMI costituitesi da meno di tre anni o, ai fini dell’ammissibilità a beneficiare di aiuti al finanziamento del rischio, dalle PMI nei sette anni dalla prima vendita commerciale ammissibili a beneficiare di investimenti per il finanziamento del rischio a seguito della due diligence da parte dell’intermediario finanziario selezionato), qualora abbia perso più della metà del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate. Ciò si verifica quando la deduzione delle perdite cumulate dalle riserve (e da tutte le altre voci generalmente considerate come parte dei fondi propri della società) dà luogo a un importo cumulativo negativo superiore alla metà del capitale sociale sottoscritto. Ai fini della presente disposizione, per «società a responsabilità limitata» si intendono in particolare le tipologie di imprese di cui all’allegato I della direttiva 2013/34/UE [42] e, se del caso, il «capitale sociale» comprende eventuali premi di emissione;
b) nel caso di società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società (diverse dalle PMI costituitesi da meno di tre anni o, ai fini dell’ammissibilità a beneficiare di aiuti al finanziamento del rischio, dalle PMI nei sette anni dalla prima vendita commerciale ammissibili a beneficiare di investimenti per il finanziamento del rischio a seguito della due diligence da parte dell’intermediario finanziario selezionato), qualora abbia perso più della metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate. Ai fini della presente disposizione, per «società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società» si intendono in particolare le tipologie di imprese di cui all’allegato II della direttiva 2013/34/UE;
c) qualora l’impresa sia oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori;
d) qualora l’impresa abbia ricevuto un aiuto per il salvataggio e non abbia ancora rimborsato il prestito o revocato la garanzia, o abbia ricevuto un aiuto per la ristrutturazione e sia ancora soggetta a un piano di ristrutturazione;
e) nel caso di un’impresa diversa da una PMI, qualora, negli ultimi due anni:

    1. il rapporto debito/patrimonio netto contabile dell’impresa sia stato superiore a 7,5; e
    2. il quoziente di copertura degli interessi dell’impresa (EBITDA/interessi) sia stato inferiore a 1,0; …”.

La stessa Agenzia delle Entrate, aveva precisato il rispetto di tale condizione nella circolare n. 15/E/2020 in occasione della fruizione del contributo a fondo perduto di cui all’articolo 25 del Decreto-Legge 19 maggio 2020, n. 34.

È, dunque, chiaro che nel rispetto delle indicazioni europee, il governo italiano potrà procedere, come ha fatto, all’erogazione di aiuti per il sostegno alle imprese solo nei limiti appena indicati ed, in particolare, tali aiuti non potranno essere erogati ad imprese che versano in una condizione di “difficoltà”.

Ciò è giustificabile dalla circostanza che gli aiuti di stato hanno come finalità quella di supportare la crisi di liquidità di quei soggetti che hanno subito una forte contrazione economica dovuta alle restrizioni rese necessarie per far fronte alla diffusione del Covid-19 e non di certo per sostenere imprese che già, indipendentemente dalla situazione contingente, versano in una condizione di difficoltà.

Dunque, ai fini della ricezione dei nuovi fondi, al pari di quanto accaduto con tutte le precedenti versioni del CFP, per la legittima fruizione dei medesimi si dovrà, verificare che l’impresa richiedente non rientri in una delle ipotesi statuite dall’art. 2, punto 18 del Regolamento europeo cit.

L’eccezione per le micro e piccole imprese – Con la Comunicazione della Commissione C(2020) 4509 final chiamata “Terza modifica del quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza della Covid-19”, l’unione europea prende atto che durante la crisi pandemica, le microimprese e le piccole imprese sono state particolarmente colpite dalla carenza di liquidità, e stabilisce che “in deroga a quanto precede, gli aiuti possono essere concessi alle microimprese o alle piccole imprese (ai sensi dell’allegato I del regolamento generale di esenzione per categoria) che risultavano già in difficoltà al 31 dicembre 2019, purché non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza ai sensi del diritto nazionale e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o aiuti per la ristrutturazione”.

Per cui, grazie alla modifica sopra riportata, il Contributo a fondo perduto potrà essere usufruito anche dalle Microimprese e dalle Piccole imprese “in difficoltà” purché non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o la ristrutturazione.