Il nuovo comma 5-bis dell’articolo 7 del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, relativo alle regole di ripartizione dell’onere probatorio nell’ambito del giudizio tributario, influenzerà inevitabilmente, in senso favorevole al contribuente, gli accertamenti di prossima emissione in tema di Superbonus. Soprattutto con riferimento alle agevolazioni tributarie, infatti, la riforma, senza più tentennamenti, ribadisce come sia l’Amministrazione Finanziaria a dover provare in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Non esistono due pesi e due misure.
Almeno sotto il profilo prettamente giuridico nulla è effettivamente cambiato rispetto al recente passato. Con l’abbandono delle presunzione di legittimità degli atti amministravi, in base alla quale il fatto posto a fondamento dell’atto impositivo doveva considerarsi processualmente provato fino a che il ricorrente non avesse, a sua volta, provato il contrario, è emersa la consapevolezza, che arriva fino ai giorni nostri, secondo la quale l’onere della prova gravi sull’Amministrazione Finanziaria, quale attrice in senso sostanziale, e si trasferisca al contribuente solo qualora l’ufficio abbia fornito in giudizio indizi sufficienti per affermare la sussistenza dell’obbligazione tributaria.
L’assenza di una specifica disposizione normativa sul tema aveva determinato come anche nel processo tributario, al pari di quello civile, dovessero applicarsi i principi di ripartizione dell’onere probatorio propri dell’articolo 2697 del codice civile, disposizione secondo la quale chi vuole far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti costitutivi che ne costituiscono il fondamento. In questo senso la ripartizione dell’onere della prova deve modellarsi sulla particolare struttura del rapporto giuridico formalizzato nel provvedimento impositivo, ricadendo indiscutibilmente sull’Amministrazione Finanziaria ogniqualvolta sia essa ad avanzare una specifica pretesa.
Sotto tale profilo con l’odierna riforma, eccettuando le liti in materia di rimborso, secondo i medesimi principi dell’articolo 2697 del codice civile, il giudice tributario, nel fondare la propria decisione, nei limiti dei fatti addotti dalle parti, è chiamato ad annullare l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manchi o si riveli contraddittoria o comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, le ragioni oggettive sui cui si fonda la pretesa impositiva.
A cambiare, invece, saranno le future contestazioni dell’Amministrazione Finanziaria. Non è possibile ignorare come in più occasioni la giurisprudenza di legittimità abbia affermato come, a prescindere dalle regole illustrate, a volte gravi sul contribuente, per primo, l’onere di fornire la prova nell’ambito del procedimento. Questo è il caso delle esenzioni e agevolazioni tributarie, secondo il quale l’ente impositore potrebbe limitarsi a contestare l’esistenza dei presupposti applicativi delle norme agevolative, spettando al contribuente l’onere di provare l’esistenza dei fatti e dei presupposti di diritto alle quali le norme tributarie ricollegano la fruizione del beneficio (Cass. n. 13072 del 2011, Cass. n. 11205 del 2007, Cass. n. 20398 del 2005). In una visione del tutto distorta dei principi dell’articolo 2697 del codice civile, la giurisprudenza di legittimità nel corso degli anni ha creato le condizioni affinché l’onere della prova si distribuisse diversamente a seconda della tipologia di contestazione (Cass. n. 15320 del 2019, Cass. n. 28671 del 2018).
La riforma, pertanto, sgombra ogni dubbio. Affermare, salvo che per liti di rimborso, sia onere dell’Amministrazione Finanziaria provare in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato elimina qualsivoglia differenza nei criteri di ripartizione della prova rispetto alla tipologia di contestazione. Nelle liti vertenti sulla spettanza di esenzioni e agevolazioni tributarie, in particolare, non sarà più sufficiente contestare l’esistenza dei presupposti per l’applicazione della norma per l’automatico determinare il trasferendo dell’onere della prova sul beneficiario.
L’Amministrazione Finanziaria, al contrario, dovrà fornire in giudizio la prova dell’inesistenza dei predetti presupposti, in un’azione articolata che sia tale da convincere il giudice della fondatezza della pretesa impositiva.
Questo accadrà anche per il Superbonus e tutte le altre detrazioni collegate al recupero del patrimonio edilizio. Tanto per la spettanza, quando per la responsabilità solidale di fornitori e cessionari del credito d’imposta, l’Amministrazione Finanziaria dovrà fornire una prova circostanziata, sotto il primo profilo, delle irregolarità commesse dal beneficiario e, sotto il secondo aspetto, delle responsabilità del soggetto cessionario e dell’eventuale gravi negligenze da esso compiute nelle fasi di acquisizione del credito.
In materia di onere della prova e, più specificatamente, in tema di agevolazioni tributarie, a cambiare sarà il peso specifico degli avvisi di accertamento e il lavoro, certamente più gravoso, al quale sarà chiamata l’Amministrazione Finanziaria per superare la prova del giudizio.