Arrivano, sempre più numerosi, gli inviti all’adempimento spontaneo in tema di contributo a fondo perduto di cui all’articolo 25 del Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34. L’Agenzia delle Entrate ha avviato una diffusa campagna di riscontro delle possibili anomalie relative alla percezione dei contributi collegati alle performance economiche del mese di aprile 2020.
E’ opportuno rispolverare la memoria. La predetta disposizione, nel pieno della pandemia mondiale, ha introdotto un contributo a fondo perduto, il primo di una lunga serie, riconosciuto a favore dei soggetti esercenti attività d’impresa, di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta 2019, che abbiano misurato un ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019. Il contributo, inoltre, spettava anche in assenza dei predetti requisiti, ai soggetti che avevano iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019, nonché ai soggetti che, a far data dall’insorgenza dell’evento calamitoso, avevano il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di comuni colpiti dai predetti eventi i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza Covid-19. In entrambi i casi l’entità del contributo variava a seconda dei ricavi/compensi dichiarati per il periodo d’imposta 2019.
Dal tenore delle comunicazioni ricevute, più simili agli inviti solitamente finalizzati alla produzione documentale, prima fase dell’attività amministrativa che porta all’accertamento tributario, l’Amministrazione Finanziaria richiede la documentazione e i registri contabili previsti dalla normativa vigente, relativi al periodo d’imposta 2019, che permettano il riscontro dell’ammontare dei ricavi, nonché i documenti e i registri IVA che dimostrino l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi dei mesi di aprile 2019 e 2020 indicati nell’istanza. Per la produzione di tale documentazione l’Agenzia delle Entrate predilige la posta elettronica certificata.
E’ impossibile non polemizzare con l’ultima iniziativa dell’Agenzia delle Entrate. L’articolo 25, comma 12, del Decreto Legge n. 34 del 2020 dispone che l’attività di controllo dei dati dichiarati nell’istanza sarebbe dovuta avvenire nell’ambito dei poteri ordinari di accertamento di cui all’articolo 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Nel caso di specie, al contrario, l’attività di verifica della spettanza del contributo a fondo perduto percepito è relegata all’adempimento spontaneo, ma in maniera del tutto impropria.
L’attività di promozione per la compliance, in attuazione dell’articolo 1, commi da 634 a 636, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nasce quale forma di collaborazione finalizzata a favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili, mediante la quale l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione del contribuente, ovvero del suo intermediario, gli elementi e le informazioni in suo possesso riferibili allo stesso contribuente, acquisiti direttamente o pervenuti da terzi, relativi anche ai ricavi o compensi, ai redditi, al volume d’affari e al valore della produzione, a lui imputabili, alle agevolazioni, deduzioni o detrazioni, nonché ai crediti d’imposta, anche qualora gli stessi non risultino spettanti. E’ in questo contesto che il contribuente può segnalare all’Agenzia delle Entrate eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti e, di conseguenza, ignorati. L’invito in commento, al contrario, pretende solamente informazioni e documenti da parte del contribuente, ma nulla offre in cambio in termini informativi.
Si tratta, inoltre, di un’attività sui generis che non trova riscontro nell’ordinamento tributario. Si consideri, infatti, che il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate protocollo n. 37776 del 2019, in attuazione dell’articolo 1, commi da 634 a 636, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190, limita la promozione dell’adempimento all’emersione spontanea delle basi imponibili a ben specifiche categorie reddituali fra le quali, evidentemente, non può essere annoverato il contributo a fondo perduto oggetto della presente attenzione.
L’attività di compliance, in particolare, è dedicata a coloro che risultano aver percepito e non dichiarato (o dichiarato solo in parte) durante l’anno d’imposta di riferimento, una delle seguenti categorie di redditi: redditi da fabbricati derivanti da contratti di locazione di immobili (compresi quelli che hanno optato per la cedolare secca), redditi di lavoro dipendente o pensione, assegni periodici corrisposti al coniuge o ex coniuge, a seguito di separazione o divorzio, redditi di partecipazione in società, associazioni fra artisti e professionisti, imprese familiari, aziende coniugali, redditi di capitale relativi agli utili e altri proventi equiparati corrisposti da società di capitale o enti commerciali e redditi di capitale corrisposti a soggetti residenti assoggettati alla ritenuta a titolo di acconto, altri redditi (redditi di lavoro autonomo non derivanti da attività professionali, redditi diversi), redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arte o professione abituale imponibili a tassazione ordinaria ovvero ad imposta sostitutiva in presenza dei requisiti previsti per il regime di vantaggio e per il regime forfettario.