Evoluzione in STP dello studio professionale: apporto di clientela irrilevante dal punto di vista reddituale

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

L’apporto di clientela è irrilevante ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo per il professionista che conferisca il proprio studio all’interno di un’associazione professionale o società tra professionisti. La fattispecie di cui all’articolo 54, comma 1-quater, del TUIR ha presupposti del tutto peculiari, differenti da quelli applicati in caso di conferimento in società di beni o di aziende.

Per il professionista, con la citata disposizione normativa, hanno assunto rilevanza reddituale i corrispettivi percepiti a seguito della cessione della clientela o di altri elementi immateriali riferibili all’attività artistica o professionale. La norma ha colmato, ma non del tutto, il precedente vuoto normativo nell’ambito del quale l’Agenzia delle entrate si era espressamente pronunciata per ricondurre tali corrispettivi fra i redditi diversi, in quanto conseguenti all’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere.

Prima che venisse introdotta dall’articolo 36, comma 29, lettera a), n. 1, del Decreto Legge n. 223 del 2006, convertito con modificazioni dalla Legge 4 agosto 2006, n. 248, la precedente impostazione, poi superata con la riforma, riconduceva la presente fattispecie ad un rapporto di tipo obbligatorio nel quale il professionista cd. “cedente”, a fronte del compenso percepito, assumesse l’impegno di favorire il soggetto subentrante nella prosecuzione del rapporto professionale con i propri clienti, da un lato rinunciando ad esercitare la propria attività ordinaria, dall’altro agendo per favorire la prosecuzione del rapporto tra i suoi vecchi clienti ed il nuovo professionista (Risoluzione n. 108/E del 2002).

Prima della riforma, proprio a causa dell’inesistenza di una specifica disposizione normativa, si veniva a determinare un disallineamento. Se dal lato attivo, per il professionista cedente, i corrispettivi connessi alla cessione di clientela confluivano fra i redditi diversi, dal lato passivo, per il professionista acquirente, questi costituivano un costo deducibile per cassa nel periodo d’imposta in cui erano sostenuti (Risoluzione n. 30/E del 2006 relativa al caso dell’acquisizione di un marchio da parte di un professionista).

Secondo l’attuale formulazione normativa non emerge alcuna materia imponibile da assoggettare a tassazione quando non è prevista una remunerazione in denaro per l’apporto della clientela. Concorre in tal senso il chiaro senso letterale della norma e la successiva prassi sul tema.
Con la Risoluzione n. 177 del 2009, l’Amministrazione finanziaria ha confermato che può escludersi la fattispecie reddituale in caso di apporto di clientela a favore di un’associazione professionale, anche nel caso in cui il peso di tale apporto rilevi nella distribuzione delle quote fra gli associati, se a seguito del conferimento non è previsto un immediato riconoscimento economico in denaro, né sia previsto al momento dell’eventuale successivo recesso da parte del singolo professionista dall’associazione professionale.

Alla stessa conclusione, ovvero dell’assoluta irrilevanza reddituale, deve giungersi anche in caso di apporto di clientela a favore di una società fra professionisti. Sebbene ai sensi dell’articolo 9, comma 5, del TUIR ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per i conferimenti in società, la rilevanza reddituale del conferimento degli elementi materiali ed immateriali che compongono lo studio professionale deve limitarsi alle fattispecie reddituali elencate all’articolo 54 del TUIR, riguardante la determinazione del reddito di lavoro autonomo, come ivi disciplinate. Pertanto con riferimento all’apporto di clientela a favore di una società fra professionisti, in linea con le disposizioni del comma 1-quater del predetto articolo 54, non emerge alcuna materia imponibile da assoggettare a tassazione quando, a fronte dell’apporti di clientela in sede di costituzione, non è prevista alcuna remunerazione diversa dall’assegnazione della quota di partecipazione (indipendentemente dalla sua entità).

L’Amministrazione finanziaria, con la Risposta n. 125 del 2018, ha affermato che l’operazione di conferimento è disciplinata dal combinato disposto degli artt. 9 e 54 del TUIR. Pur non affrontando il tema della rilevanza reddituale dell’apporto di clientela in sede di costituzione di una società tra professionisti, tuttavia, non si è discostata dalle conclusioni della Risoluzione n. 177 del 2009, nella sostanza avallandole.

Orbene, affinché l’apporto di clientela assuma rilevanza reddituale è necessario che il professionista, a fronte di tale trasferimento, percepisca un corrispettivo in denaro. Come emerge da autorevole dottrina, si veda il documento “La disciplina delle società tra professionisti Aspetti civilistici, fiscali e previdenziali” della Fondazione Nazionale Commercialisti, la norma in commento non richiama la cessione a titolo oneroso generalmente intesa, quanto piuttosto “corrispettivi percepiti a seguito di cessione”, circostanza questa che potrebbe far supporre che la cessione degli elementi immateriali assume rilievo solo quando questi sono effettivamente monetizzati. Depone a favore di tale ultima ricostruzione anche l’articolo 17, comma 1, lettera g-ter), del TUIR, ove la tassazione separata viene ammesse, ma nel solo caso di percezione in unica soluzione.