Una remissione in bonis o una rimessione in termini. Non è uno scioglilingua, ma le due possibili soluzioni per risolvere il problema dei tempi di accettazione da parte del GSE dell’istanza finalizzata alla conclusione del contratto di cessione dell’energia prodotta e non autoconsumata in sito ovvero non condivisa per l’autoconsumo.
Il problema. L’articolo 119, comma 7, del Decreto Legge n. 34 del 2020 dispone che la detrazione prevista per l’installazione di impianti fotovoltaici e dei correlati sistemi di accumulo è subordinata alla cessione in favore del Gestore dei servizi energetici (GSE) dell’energia prodotta e non autoconsumata. Tale condizione, in particolare, si realizza con la formalizzazione del contratto di cessione a favore dell’ente per l’energia.
In considerazione del lungo iter procedimentale per addivenire al risultato descritto, l’Amministrazione finanziaria è intervenuto sul tema ammettendo che il contribuente possa fruire del Superbonus anche nelle more del perfezionamento del contratto di cessione con il Gestore dei servizi energetici a condizione, tuttavia, di essere in possesso della comunicazione di accettazione dell’istanza da parte del GSE (Risposta 57 del 2022).
Trattandosi di un requisito sostanziale, ove la detrazione è espressamente subordinata alla conclusione del contratto di cessione, se non arriva per tempo un intervento legislativo ad hoc, per le spese sostenute nel 2022 a copertura integrale degli interventi relativi all’installazione degli impianti fotovoltaici e dei sistemi di accumulo, codici intervento 19 e 20, l’ottenimento dell’accettazione da parte del GSE successivamente al termine di trasmissione fissato al 31 marzo 2023 rischia di escludere i contribuenti anche dalla possibilità di procedere all’esercizio dell’opzione di trasferimento del credito mediante l’istituto della remissione in bonis. Tale istituto, infatti, costituisce una procedura di regolarizzazione della sola comunicazione inviata successivamente al termine di decadenza e, di conseguenza, presuppone la preesistenza al 31 marzo 2023 di tutti i requisiti sostanziali per usufruire della detrazione di imposta relativa alle spese dell’anno di riferimento. GSE incluso, almeno seguendo la linea dettata dalla Circolare n. 33/E del 2022.
Ai nastri di partenza si tratta della medesima situazione che si verifica in tema di sisma-bonus rispetto all’obbligo di presentazione nei termini dell’asseverazione di efficacia degli interventi per la riduzione del rischio sismico di cui all’articolo 3, comma 3, del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 58 del 28 febbraio 2017, ove la tempestiva presentazione dell’allegato B costituiva, almeno fino all’approvazione della norma di interpretazione autentica, un requisito certamente sostanziale per l’ottenimento della rispettiva detrazione.
Nel caso del sisma-bonus il problema è stato risolto con l’articolo 2-ter del Decreto Legge n. 11 del 2023, la norma di interpretazione autentica di cui si accennava, ove è stata espressamente consentita l’applicazione dell’istituto della remissione in bonis anche al caso di specie. Lo stesso dovrebbe avvenire per il contratto di cessione a favore del GSE, ovvero dovrebbe essere approvata un’ulteriore appendice legislativa che estenda le possibilità di regolarizzazione tramite l’istituto della remissione in bonis ai ritardi accumulati a causa del GSE e, in un certo senso, faccia regredire l’accettazione da parte del GSE da requisito sostanziale a mero aspetto formale. Esattamente come è accaduto per l’allegato B in tema di sisma-bonus.
Tuttavia non è l’unica strada. I ritardi accumulati nell’iter di conclusione del contratto di cessione non dipendono certamente dal contribuente, ma dal suo lungo iter procedurale (come, fra l’altro, è stato ammesso dalla stessa Amministrazione finanziaria nella citata risposta n. 57 del 2022). Di conseguenza non si comprende il motivo per il quale la regolarizzazione tramite l’istituto della remissione in bonis, allorquando verrà ammessa, o perlomeno giustificata dall’Amministrazione finanziaria, debba comportare per il contribuente il pagamento di una sanzione amministrativa, pari a 250 euro per ogni comunicazione da regolarizzare, se il motivo del ritardo sia indipendente dalla sua volontà.
La questione, piuttosto, dovrebbe essere affrontata e risolta ammettendo che il tempestivo adempimento dell’obbligo di comunicazione è impedito da una causa di forza maggiore, del tutto estranea alla volontà del contribuente, anzi spesso connessa ai cronici ritardi della pubblica amministrazione.
In questo senso, allora, l’articolo 9 dello Statuto del Contribuente già consente al Ministro dell’Economia e Finanze, con decreto da pubblicare in Gazzetta Ufficiale, la rimessione in termini nel caso in cui il tempestivo adempimento di obblighi tributari è impedito da cause di forza maggiore. Non si tratta di un potere speciale, ma di una delega permanente a favore del ministero competente, che attiene sia all’aspetto formale che, soprattutto a quello sostanziale, ovvero a qualsiasi adempimento tributario previsto da una disposizione fiscale. Con tale decreto il Ministro dell’Economia e delle Finanze ben potrebbe risolvere il problema concedendo la contribuente un termine più ampio, compatibile con le esigenze di specie.