Il ravvedimento operoso speciale: una disposizione dai confini incerti

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

Il ravvedimento operoso speciale previsto dalla Legge di Bilancio del 2023 (art. 1, comma 174 e segg.) è una disciplina dall’ambito incerto, la cui scadenza è relativamente vicina. Entro il 31 marzo prossimo i contribuenti che avranno manifestato l’intenzione di aderire a tale forma di definizione dovranno effettuare il relativo pagamento (in un’unica soluzione o in forma rateale).

I contribuenti che intendono regolarizzare le violazioni riguardanti le dichiarazioni dei redditi validamente presentate relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 e ai precedenti dovranno effettuare il pagamento di una sanzione pari ad un diciottesimo del minimo edittale. Tuttavia, non è chiaro se tra le violazioni definibili “riguardanti le dichiarazioni dei redditi” possono essere ricondotti anche gli omessi versamenti.

Il dubbio trae origine dalla lettera del comma 174 che, nell’individuare l’oggetto del ravvedimento speciale fa riferimento ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, ma soprattutto fa riferimento alle violazioni diverse da quelle definibili ai sensi dei commi da 153 a 159 e da 166 a 173.

I commi da 153 a 159 hanno per oggetto la possibilità di definizione delle somme dovute dal contribuente a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni relative ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 e 31 dicembre 2021. Si tratta dei c.d. avvisi bonari o comunicazioni di irregolarità. In questo caso, se il contribuente ha ricevuto una comunicazione relativa alle predette annualità, i cui termini di pagamento (in un’unica soluzione o della prima rata) non sono ancora scaduti alla data di entrata in vigore della Legge di Bilancio del 2023, quindi al 1° gennaio, la sanzione dovuta risulta ridotta dal 10 al 3 per cento. La riduzione della sanzione risulterà applicabile anche alle comunicazioni che saranno recapitate dopo la predetta data del 1° gennaio 2023, purché riferibili alle predette annualità.

Il riferimento della disciplina del ravvedimento operoso speciale alla possibile definizione delle comunicazioni di irregolarità, fa sorgere non pochi dubbi applicativi.

In base ad una prima interpretazione restrittiva, nell’ipotesi di omesso versamento, non sembra possibile avvalersi del ravvedimento operoso speciale. Infatti, si tratta di una violazione riconducibile alla possibilità di definizione delle comunicazioni di irregolarità (cfr. “Il ravvedimento speciale: l’ambito applicativo limitato” del 2 gennaio 2023). Si consideri, ad esempio, il caso in cui il contribuente abbia omesso il versamento del saldo delle imposte sui redditi risultanti dal Modello Redditi 2022 (periodo d’imposta 2021). In tale ipotesi, se la soluzione restrittiva prospettata fosse corretta, il contribuente avrebbe a disposizione due soluzioni. In primis, potrebbe sempre ricorrere al ravvedimento operoso ordinario. In alternativa, il contribuente potrebbe attendere la notifica della comunicazione di irregolarità con l’irrogazione della sanzione del 3 per cento anziché del 10.

Sembra però possibile interpretare diversamente il rinvio alle violazioni definibili ai sensi dei commi da 153 a 159 per le quali sarebbe inibito il ravvedimento operoso speciale. Tale inibizione dovrebbe infatti trovare applicazione esclusivamente nei casi in cui il contribuente abbia già ricevuto la comunicazione di irregolarità i cui termini di pagamento non sono ancora scaduti alla data del 1° gennaio 2023, oppure per le comunicazioni già ricevute le cui rateazioni sono già in corso. In questo caso, l’unica soluzione e beneficio consisterebbe nella riduzione delle sanzioni (per le sole rate non ancora scadute) dal 10 al 3 per cento. Invece, gli omessi versamenti, non ancora constatati, potrebbero essere ricondotti nell’ambito applicativo del ravvedimento speciale. Se tale soluzione fosse corretta, l’omesso versamento dovrebbe essere considerato quale violazione riguardante le dichiarazioni validamente presentate.

Se la soluzione prospettata fosse corretta, la sanzione irrogabile per l’omesso versamento, pari al 30 per cento, risulterebbe di fatto ridotta all’1,67 per cento. Il punto dovrà però essere chiarito dall’Agenzia delle Entrate.

A tal proposito un altro elemento che depone in senso favorevole a quest’ultima interpretazione è la mancanza di un obbligo posto a carico dell’Agenzia delle Entrate di notifica delle comunicazioni di irregolarità. L’Amministrazione finanziaria si è da tempo uniformata alla tesi della Corte di Cassazione. Nell’ipotesi in cui la violazione commessa si sostanzi in un mancato pagamento di una somma che la Comunicazione di irregolarità è in grado di individuare senza rettificare la dichiarazione fiscale non sussiste, secondo la Suprema Corte, l’obbligo di notificare preventivamente la Comunicazione di irregolarità. In tale ipotesi, applicando tale principio, il contribuente si troverebbe escluso dalla possibilità di definire gli omessi versamenti con l’applicazione della sanzione ridotta nella misura del 3 per cento in luogo di quella del 10 per cento. Per tale ragione sembra corretta la seconda soluzione secondo cui il ravvedimento operoso speciale può essere utilizzato anche per regolarizzare gli omessi versamenti. L’unica causa che inibisce tale regolarizzazione, consiste nella precedente contestazione della violazione.