Il social bonus tra vincoli reddituali e di capienza

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

Il quadro CR del modello Redditi 2023 deve essere compilato dalle persone fisiche che intendono far valere crediti di imposta al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte o professione. Tale quadro negli anni si è andato via via popolando di nuove voci, contribuendo, semmai ve ne fosse stato il bisogno, a complicare ulteriormente il dichiarativo.

Tra i crediti di imposta introdotti a partire dall’anno di imposta 2022 vi è il cd. “social bonus”, introdotto dal codice del terzo settore, decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, articolo 81.

Questo particolare credito di imposta, che forse non così facilmente ci si troverà a gestire alla luce del fatto che le misure attuative sono stabilite dal decreto 89 del 23 febbraio 2022, pubblicato tuttavia in Gazzetta Ufficiale mesi dopo, e più precisamente in G.U. 163 14 luglio 2022, si presenta “sulla carta” decisamente allettante. Tuttavia, alla prova del dichiarativo, dimostra tutti i suoi limiti, alcuni chiaramente emergenti dalla lettura della norma, altri che sono divenuti più evidenti solo ad un più attenta lettura delle istruzioni di compilazione ai Redditi 2023.

L’articolo 81 del codice del terzo settore prevede il riconoscimento di “un credito d’imposta pari al 65 per cento delle erogazioni liberali in denaro effettuate da persone fisiche e del 50 per cento se effettuate da enti o società in favore degli enti del Terzo settore, che hanno presentato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali un progetto per sostenere il recupero degli immobili pubblici inutilizzati e dei beni mobili e immobili confiscati alla criminalità organizzata assegnati ai suddetti enti del Terzo settore e da questi utilizzati esclusivamente per lo svolgimento di attività di cui all’art. 5 con modalità non commerciali. Per le suddette erogazioni non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 83 né le agevolazioni fiscali previste a titolo di deduzione o di detrazione di imposta da altre disposizioni di legge”.

Il credito d’imposta, pertanto, è alternativo, per quanto riguarda le medesime spese, alle altre possibili agevolazioni in materia di erogazioni liberali a favore degli ETS, ma tale previsione non è certamente sorprendente.

Maggiore attenzione, invece, deve essere posta ai limiti previsti dal comma 2 del già menzionato art. 81 D.Lgs. 117/2017: “Il credito d’imposta spettante ai sensi del comma 1 è riconosciuto alle persone fisiche e agli enti non commerciali nei limiti del 15 per cento del reddito imponibile ed ai soggetti titolari di reddito d’impresa nei limiti del 5 per mille dei ricavi annui. Il credito d’imposta è ripartito in tre quote annuali di pari importo”.

I soggetti titolari di reddito di impresa, inoltre, possono godere del credito solo in compensazione con modello F24, ma in questa sede vogliamo soffermarci solo sull’aspetto del social bonus nel caso di fruizione da parte di persona fisica (quadro CR); in questo caso, pertanto, a mente di quanto previsto dalla norma, il credito deve essere ripartito in tre quote annuali di pari importo, e spetta nei limiti del 15% del reddito imponibile.

È proprio quest’ultimo aspetto, ovvero quello del “tetto” al 15% del reddito imponibile a riservare, a parere di chi scrive, una sorpresa, nel momento in cui si approfondiscono le modalità di esposizione del credito di imposta e i conteggi da effettuare.

Il primo passaggio è quello di indicare le spese sostenute nel 2022 rilevanti ai fini del social bonus, per l’ammontare complessivo. A tal fine deve essere compilato il rigo CR31, codice 11. Tali spese, a mente delle indicazioni contenute nel decreto attuativo, devono essere documentate da pagamenti tracciabili. Inoltre, la causale di pagamento deve fare riferimento alla norma “social bonus”, all’ETS beneficiario e al progetto finanziato.

A questo punto occorre calcolare il bonus effettivamente spettante, salvo poi, successivamente, dover ancora fare i conti con la capienza IRPEF. A tal fine è necessario calcolare il 65% delle spese sostenute, e porre a confronto il risultato ottenuto con il 15% del reddito come risultante dal rigo RN4. Il minore dei due valori, diviso tre, determina il “bonus spettante”.

Questo procedimento, imposto dalle istruzioni di compilazione e che, ovviamente, sarà anche oggetto di verifica da parte dei moduli di controllo, porta ad un risultato ben diverso (a sfavore del contribuente) rispetto a quello che, stante il tenore letterale della norma, poteva sembrare essere il percorso esatto, ovvero determinare il 65% del bonus, dividere il risultato per tre (al fine di determinare la “fetta” relativa al 2022) e poi limitare tale “fetta” al 15% del reddito 2022. Provando ad effettuare alcuni esempi numerici, ci si renderà conto facilmente della profonda differenza che ne deriva quanto a beneficio riconosciuto e, nota bene, la differenza tra bonus atteso e bonus spettante non potrà mai essere recuperata in alcun modo in seguito.

Ancora diverso è il “bonus spettante” rispetto al “bonus usufruito”, poiché trattandosi di credito di imposta lo stesso può al massimo azzerare l’imposta dovuta. Ecco perché è necessario effettuare ancora un ulteriore passaggio di verifica della capienza. Sul punto, tuttavia, è bene evidenziare che se il bonus usufruito è inferiore al bonus spettante, per problematiche di capienza, in questo caso la differenza non viene persa, bensì riportata a nuovo.

Il social bonus spettante viene riportato, a livello di liquidazione IRPEF, nel rigo RN32, che si compone di tre campi: l’ammontare della rata 2022 viene riportata al campo 13, il bonus spettante per il 2022 al campo 14 e la quota parte di questo che trova capienza nell’IRPEF al campo 15.

Se il campo 15, in ragione dell’incapienza del contribuente, è inferiore al campo 14, la differenza viene riportata al rigo RN47 (residui detrazioni, crediti di imposta e deduzioni), nella colonna dedicata al social bonus, ovvero nel campo 48 e nel prossimo dichiarativo (redditi 2024) entrerà in sommatoria con l’ammontare del “bonus spettante” per tale anno – variabile in ragione del reddito – per poi, nuovamente, dover fare i conti con la capienza IRPEF.