Torna l’esenzione dall’IMU prevista per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano, al contempo, locati a terzi. L’articolo 1, comma 751, della Legge 27 dicembre 2019, n. 160, a decorrere dal 1° gennaio 2022, reintroduce l’esenzione che tanto ha fatto discutere di sé, dopo due anni di tassazione ridotta.
Si tratta dell’agevolazione introdotta, a decorrere dalla seconda rata del 2013, dall’articolo 2 del Decreto Legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito con modificazioni dalla L. 28 ottobre 2013, n. 124, avente ad oggetto l’esenzione dall’imposta municipale propria dei fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita. Espressamente estesa dal Ministero dell’Economia e Finanze anche ai fabbricati acquistati dall’impresa costruttrice sui quali la stessa abbia proceduto a interventi di incisivo recupero, quali quelli eseguiti ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettere c), d) e f), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Risoluzione 11/DF del 11 dicembre 2013), la disposizione è stata in vigore fino al 31 dicembre 2019, quanto è stata sostituita dall’aliquota ridotta del 0,1 per cento, eventualmente riducibile dai Comuni fino all’azzeramento.
La disposizione, in particolare, esentava dall’imposta comunale gli immobili delle imprese di costruzioni al verificarsi congiunto di due condizioni: che l’immobile sia stato destinato formalmente alla vendita e che, in ogni caso, non sia stato locato nel corso del periodo d’imposta, nemmeno per un giorno.
La previgente formulazione, secondo le successive indicazioni dell’articolo 2, comma 5-bis, del DL n. 102 del 2013, condizionava l’agevolazione alla presentazione da parte del soggetto passivo della dichiarazione con la quale si attestava il possesso dei requisiti e degli identificativi catastali degli immobili meritevoli del beneficio. Adempimento tutt’altro che formale, conseguendone in caso di omissione, per espressa previsione normativa, la decadenza dall’agevolazione. Come affermato dalla Suprema Corte secondo la quale “si tratta di un preciso e specifico onere formale, espressamente previsto a pena di decadenza, che non può essere sostituito da altre forme di denunce o superato dalla circostanza che il Comune fosse a conoscenza aliunde dei fatti che comportano l’esenzione dal pagamento dell’imposta” (Cass. n. 21465 del 2020).
Pur essendo cambiato l’intero impianto normativo che disciplina l’Imu, sotto tale profilo la dichiarazione resta un imperativo. L’articolo 1, comma 769, della Legge n. 160 del 2019 prevede che per i benefici di cui al precedente comma 751, terzo periodo, ovvero l’esenzione in commento, il soggetto passivo debba attestare il possesso dei requisiti prescritti dalle norme richiamate. Viene meno la parola decadenza, ma l’effetto sostanziale non cambia ove ai fini dell’applicazione dei benefici la dichiarazione resta il veicolo per fruire dell’agevolazione.
In questo senso, per la verità, si è già espresso lo stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze (Risoluzione n. 7/DF del 2020). Nonostante sia venuta meno la formulazione che prevedeva la decadenza, per “l’applicazione dei benefìci di cui al comma 751, terzo periodo, concernente appunto i beni-merce, il soggetto passivo attesta nel modello di dichiarazione il possesso dei requisiti prescritti dalle norme”.
Ancora una volta, pertanto, non si tratta di una questione meramente probatoria, ma di una condizione espressa imposta dal Legislatore. In questo senso propende in maniera inequivocabile l’ultimo periodo dell’articolo 1, comma 769, della Legge n. 160 del 2019 secondo cui “ai fini dell’applicazione dei benefici di cui […] al comma 751, terzo periodo, il soggetto passivo attesta nel modello di dichiarazione il possesso dei requisiti prescritti dalle norme”.
Ne consegue, pertanto, come risultino ancora attuali le conclusioni dell’Ordinanza 21465 del 2020. Al di là del lessico utilizzato, la condizione necessaria per l’ottenimento del beneficio fiscale non cambia. La dichiarazione resta indispensabile.