Isa e rimanenze finali, gli aspetti da attenzionare

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

Con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate Prot.n. 231840 del 23 giugno 2023 sono state individuate ben 26 diverse tipologie di possibili anomalie negli ISA relativi agli anni di imposta 2019, 2020 e 2021, in ragione delle quali i contribuenti interessati stanno ricevendo una comunicazione di invito spontaneo a ravvedere la propria posizione. La lettura dell’allegato 1 al Provvedimento, che precisa le modalità secondo le quali sono stati selezionati i contribuenti destinatari delle missive, è utile ad evidenziare alcuni degli aspetti che, da sempre, costituiscono elementi di criticità, prima negli Studi di Settore, poi con gli ISA.

Tra questi, senza alcun dubbio, la gestione delle rimanenze di magazzino, che può essere fonte di errore vuoi in ragione di “forzature”, vuoi in ragione della non corretta indicazione nel dichiarativo o, ancora più banalmente, diretta conseguenza di errori dettati dalla fretta.

Andiamo quindi a fare un breve richiamo sugli aspetti cui prestare attenzione, dai più banali (che paradossalmente rappresentano però gli errori più frequenti) a quelli più delicati, non tanto con l’intento di affrontare le richiamate comunicazioni di compliance, quanto al fine di evitare di riproporre le medesime tipologie di errore nei dichiarativi in corso di predisposizione.

La prima fattispecie da evidenziare, ripetiamo, banale ma comune, riguarda i contribuenti in contabilità semplificata. È nota l’irrilevanza fiscale delle rimanenze finali di magazzino, così come è noto il fatto che occorre comunque darne evidenza nel quadro RG, e più precisamente al rigo RG38, sia in presenza delle stesse, sia segnalandone l’insussistenza, laddove ricorra il caso.

Ebbene, la funzione del rigo RG38 è proprio quella di tracciare un dato che, seppure fiscalmente irrilevante, è comunque di essenziale importanza in ambito ISA, posto che gli indicatori sintetici di affidabilità fiscale sono comunque “figli” degli Studi di Settore, e mai è stata rivista l’impostazione che vede il “costo del venduto” -chiaramente influenzato da rimanenze iniziali e finali – essere al centro di tutta una serie di valutazioni, dalla rotazione del magazzino, alle determinazione dei ricavi attesi.

Il punto è che le rimanenze, come si è detto, sono fiscalmente irrilevanti, e se per le finali aiuta l’alert presente al rigo RG38, nulla di simile è previsto per le iniziali, con il risultato che spesso gli ISA partono “zoppi” di tale essenziale indicazione, facilmente reperibile da parte dell’Agenzia delle Entrate in base al dichiarativo dell’anno precedente.

Oltre al mero errore di distrazione (che però costa caro, perché va a falsare completamente l’esito dell’ISA) è necessario prestare attenzione a quelle che l’Agenzia definisce come “gravi e ripetute incoerenze nella gestione del magazzino”.

Le imprese oggetto di compliance per il già citato triennio, ad esempio, sono state selezionate in presenza di contemporanea di diverse anomalie, che sono comunque da attenzionare sempre in sede di predisposizione del dichiarativo:

  • durata delle scorte superiore al doppio della soglia massima; in altri termini, un magazzino straordinariamente “immobile” o “gonfiato” non è certamente visto di buon occhio;
  • mancata indicazione dell’avvenuto cambio di regime contabile, da competenza a cassa, o viceversa;
  • incongruenza tra le rimanenze finali dell’anno precedente e quelle iniziali dell’anno oggetto di dichiarazione, il ché può accadere sia nel caso della dimenticanza già sovra richiamata, ma anche nel caso in cui le rimanenze iniziali vengano classificate diversamente rispetto a quelle finali. A tal proposito, per esempio, è sufficiente sbagliare il conto da utilizzare per qualificare una rimanenza per servizi non di durata ultrannuale tra quelli di durata ultrannuale, con ciò andando a “scollegare” completamente il flusso logico tra rimanenze finali ed iniziali;
  • attenzione deve essere posta anche alle rimanenze dei prodotti soggetti ad aggio o ricavo fisso, che devono essere distintamente indicate, separatamente da quelle relative a merci, prodotti finiti, materie prime e sussidiarie, semilavorati e servizi non di durata ultrannuale.

Per concludere, un’evidente anomalia risiede in una esagerata incidenza percentuale dell’incremento delle rimanenze finali rispetto ai costi per l’acquisto di materie prime, sussidiarie, semilavorati e merci e per la produzione di servizi e ai costi per l’acquisto di materie prime, sussidiarie, semilavorati e merci e per la produzione di servizi. Anche qui, ad essere poco credibili sono la rotazione del magazzino ed i meccanismi di approvvigionamento, due circostanze che fanno fortemente pensare (nella migliore delle ipotesi) ad una errata rilevazione.

Più probabilmente, si tratta di un magazzino gonfiato, che non solo attrae l’attenzione, ma che paradossalmente sortisce effetti più che negativi, poiché una rotazione non corretta fa scattare un indicatore pari ad 1, e non bisogna dimenticare che una eventuale valutazione negativa relativa alla rotazione viene comunque ad essere mitigata da un apposito “correttore” se quanto meno le rimanenze finali sono inferiori a quelle iniziali, a rappresentare una sorta di “premio” per il contribuente che probabilmente ha gonfiato negli anni il magazzino ma che, un po’ alla volta, lo sta riportando a valori ragionevoli.