Limiti e opportunità della prova testimoniale

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

La riforma della giustizia e del processo tributario amplia i poteri istruttori a disposizione del giudice tributario. Con l’entrata in vigore della disposizione in commento le Corti di Giustizia Tributaria, sempre nei limiti dei fatti dedotti dalle parti in giudizio, potranno ammettere la prova testimoniale, fino a oggi un tabù, assunta con le forme di cui all’articolo 257-bis del codice di procedura civile.

I poteri istruttori conferiti ai giudici delle ex Commissioni Tributarie, per la verità poco utilizzati fino ad oggi, si limitavano ad attribuire le medesime facoltà di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e chiarimenti conferite da ciascuna legge d’imposta agli uffici tributari e agli enti locali. Salva la possibilità di produrre in giudizio dichiarazioni di parte o di terzi, quali meri elementi indiziari sottoposti alla libera valutazione del giudice tributario, la formulazione della norma ante riforma escludeva in radice la prova testimoniale propriamente intesa. Il divieto alla prova testimoniale, uscito più volte indenne al vaglio costituzionale, è stato da sempre giustificato dalla specificità del processo tributario, essenzialmente scritto e documentale.

Ciò, nel tempo, non ha escluso la possibilità per il contribuente di produrre dichiarazioni di parte, la cui valenza è stata generalmente confinata al valore proprio degli elementi indiziari che, in quanto tali, non sono idonei a costituire, da soli, il fondamento della decisione (Cass. n. 12406 del 2021). Tanto vale sia per le dichiarazioni rilasciate agli organi dell’Amministrazione Finanziaria nell’ambito del procedimento amministrativo, che per quelle rese da terzi in sede extraprocessuale e prodotte successivamente in giudizio. Da questo punto di vista la questione, lungi da essere ricondotta al tema della prova testimoniale, è stata comunque risolta dalla giurisprudenza di legittimità in termini prettamente probatori, quale elemento che consentisse la parità delle armi processuali e l’effettività del diritto di difesa riconosciuto al contribuente. Non un potere istruttorio, eventualmente attivato su istanza di parte, ma uno strumento in più a disposizione del contribuente per affermare in giudizio le proprie ragioni.

Ora la riforma va ben oltre. L’introduzione di una forma di prova testimoniale, che richiama la testimonianza scritta propria del codice di procedura civile, apre al giudice tributario, soprattutto nell’ambito degli accertamenti di carattere presuntivo, la possibilità di assumere la deposizione chiedendo al testimone di fornire, per iscritto e nel termine fissato, le risposte ai quesiti sui quali deve essere interrogato. La Corte di Giustizia Tributaria, in particolare, potrà disporre l’assunzione della prova testimoniale ove lo ritenga necessario ai fini della decisione e anche senza l’accordo delle parti in causa.

Non si tratta, pertanto, di una leva a favore del contribuente o del suo concorrente, l’Amministrazione Finanziaria, ma di uno strumento nella completa e assoluta disponibilità della Corte di Giustizia, quale leva a disposizione fra i poteri istruttori finalizzata all’acquisizione d’ufficio di mezzi di prova.

Tale facoltà, tuttavia, non potrà essere esercitata liberamente. I poteri istruttori, compresa la nuova prova testimoniale, potranno essere attivati sempre e comunque nei limiti dei fatti dedotti dalle parti in causa (delimitati, da un lato, dalla motivazione dell’atto impositivo e, dall’altro, dai motivi esposti nel ricorso introduttivo). Questo significa, in altri termini, che tutti i poteri istruttori hanno una funzione meramente integrativa e non integralmente sostitutiva degli elementi in giudizio. Mai il giudice tributario, ovvero, potrà sopperire alle carenze istruttorie delle parti, sovvertendo i rispettivi oneri probatori, attivando i poteri istruttori in favore dell’una o dell’altra (Cass. n. 29856 del 2021).

Tale nuovo potere, pertanto, può essere esercitato soltanto ove sussista un’obiettiva situazione di incertezza, al fine di integrare gli elementi di prova già forniti dalle parti e non anche nel caso in cui il materiale probatorio acquisito agli atti imponga una determinata soluzione della controversia (Cass. n. 14960 del 2010) e sempre che la parte su cui ricade l’onere della prova non abbia essa stessa la possibilità di integrare la prova già fornita ma questa risulti piuttosto ostacolata (Cass. n. 7078 del 2010).