Liti pendenti: il delicato perfezionamento della definizione

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

A differenza della definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione, ove il calcolo delle somme dovute viene effettuato dall’Agenzia delle Entrate Riscossione e comunicato al contribuente entro il 30 giugno 2023, nel caso della definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti l’onere di determinare gli importi dovuti è a esclusivo carico del contribuente.

Il perfezionamento della definizione agevolata delle liti pendenti, disciplinata dall’articolo 1, commi 186-205, della Legge n. 197 del 2022, è subordinato alla presentazione della domanda di definizione, da effettuarsi entro il 30 giugno 2023, e al pagamento, entro la stessa data, degli importi complessivamente dovuti o della prima rata ove possibile. È ammesso il pagamento rateale, in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo, con scadenza rispettivamente, entro il 30 giugno 2023, il 30 settembre, il 20 dicembre e il 31 marzo di ciascun anno, nel solo caso in cui gli importi dovuti superano 1.000 euro. Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi legali calcolati dalla data del versamento della prima rata (per il 2023 fissati al tasso del 5 per cento annuo).

Ai fini della determinazione degli importi dovuti, calcolati sulla base delle riduzioni previste dall’articolo 1, commi da 187 a 191, della Legge n. 197 del 2022, possono essere scomputate le somme già versate a qualsiasi titolo in pendenza del giudizio. Il riferimento, nello specifico, è alle somme pagate a titolo di riscossione provvisoria in pendenza del termine di impugnazione o in pendenza di giudizio (come prevista dall’articolo 68 del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546).

Possono essere scomputati dall’importo lordo dovuto tutti gli importi di spettanza dell’Agenzia delle entrate, a titolo di tributi, sanzioni e interessi, nonché gli interessi per dilazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo o affidate conseguenti ad iscrizioni a ruolo o affidamenti effettuati in base alle disposizioni vigenti in materia di riscossione in pendenza di giudizio (Circolare n. 22/E del 2003, paragrafo 12.5 e Circolare n. 22/E del 2017, paragrafo 4.1). In sintesi, vanno scomputati tutti gli importi in contestazione già pagati in esecuzione dell’atto impugnato, esclusi solo quelli di spettanza dell’agente della riscossione (aggi, spese per le procedure esecutive, spese di notifica, ecc.). Lo scomputo è previsto, inoltre, per le somme versate dal contribuente in sede di ravvedimento operoso, qualora la stessa procedura di regolarizzazione sia oggetto di contestazione, ad esempio perché eseguita successivamente alla notifica dell’avviso di accertamento (Risposta n. 141 del 2019).

Ne consegue, pertanto, che nel caso delle liti inerenti agli atti meramente riscossivi, la cui definizione questa volta è ammessa, lo scomputo degli importi è limitato, come per gli atti impositivi, all’insieme delle somme versate di esclusiva spettanza dell’Agenzia delle Entrate. Pertanto anche per gli atti della riscossione ai quali non si applicano le regole della riscossione provvisoria, nel caso in cui il contribuente, per evitare le azioni esecutive, abbia provveduto a rateizzare gli importi richiesti tramite le cartelle impugnate, è escluso lo scomputo delle quote di spettanza dell’ente della riscossione. Non vanno scomputati, inoltre, gli interessi per dilazione di pagamento di cui all’articolo 21, primo comma, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, che si applicano per il pagamento rateale delle somme dovute per la definizione dei carichi iscritti a ruolo.

Ai fini dello scomputo dalle somme dovute degli importi versati dal contribuente precedentemente al perfezionamento della definizione agevolata delle controversie tributarie non si comprende se, per questa edizione, sia possibile scomputare anche le somme versate nell’ambito della rottamazione-ter per i processi pendenti oggetto di sospensione. Sul punto, ad esempio, l’articolo 11 del Decreto Legge n. 50 del 2017 prevedeva espressamente che lo scomputo potesse estendersi agli importi dovuti per la definizione agevolata di cui all’articolo 6 del Decreto Legge 22 ottobre 2016, n. 193, a prescindere dall’avvenuto pagamento dei corrispondenti importi. Stesso meccanismo, ma collegato all’effettivo versamento, era stato previsto anche dall’articolo 6 del Decreto Legge n. 193 del 2016. Sul punto nulla aggiunge l’Amministrazione finanziaria nella Circolare n. 2/E del 2022.

Proprio in ragione del meccanismo descritto, si consideri che nel caso in cui le somme nel frattempo versate risultino maggiori o uguali all’importo lordo dovuto per la definizione della lite, per il perfezionamento della medesima non occorrerà effettuare alcun versamento, fermo restando l’obbligo di presentare la domanda di definizione entro il termine del 30 giugno 2023. È in ogni caso escluso il rimborso.