Così come previsto dalla Legge di bilancio 2023 (Legge 29 dicembre 2022, n. 197, articolo 1, commi 385 – 388), ha preso il via il tavolo di confronto tecnico tra i soggetti che erogano servizi di incasso elettronico e i soggetti obbligati ad accettare pagamenti in moneta elettronica. Ad annunciarlo a mezzo comunicato stampa, a seguito della promulgazione di specifico decreto datato 4 marzo 2023, è il Ministero dell’economia e delle finanze.
Come ricorderemo, il DDL relativo alla manovra finanziaria, nel testo licenziato in prima battuta dall’Esecutivo, prevedeva la cancellazione delle sanzioni previste in caso di mancata accettazione di almeno una carta di debito, una carta di credito o carte prepagate, per le transazioni fino a 30 euro. In seguito, era stata avanzata l’ipotesi che i pagamenti POS e similari potessero essere “rifiutati” senza conseguenze addirittura fino a 60 euro; tutto ciò, tuttavia, non ha trovato accoglimento nel testo definitivo della norma, posto che le forze politiche a favore della misura sono state costrette ad un passo indietro a seguito delle rimostranze avanzate dalla UE, che aveva letto nella mancata novità un passo indietro nella lotta all’evasione.
Di conseguenza, le sanzioni (ex art. 15, comma 4, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221) sono in vigore dal 30 giugno 2022 (ex art. 18 D.L. 36/2022) e sono rimaste pienamente operative. In caso di mancata accettazione dei pagamenti elettronici viene comminata una sanzione in misura fissa di 30 euro, cui si somma ulteriormente il 4% del valore della transazione per la quale è stato rifiutato il pagamento con carta.
Invariata anche la problematica di fondo, ovvero l’eccessivo peso delle commissioni, soprattutto in presenza di transazioni di ridotto valore. Per tale ragione, in manovra finanziaria era stata prevista l’istituzione di un tavolo permanente tra gestori carte di pagamento e soggetti obbligati ad accettarle, volto a trovare soluzioni per mitigare l’incidenza dei costi delle transazioni elettroniche, limitatamente a quelle di valore fino a 30 euro e a beneficio dei soli contribuenti con ricavi / compensi fino a 400.000 euro. Tale soglia, si presti attenzione, è unica, sia nel caso di esercizio di attività di cessioni di beni, che di attività di prestazioni di servizi (ivi inclusi quelli professionali).
Ebbene, tale tavolo è stato ora istituito e regolamentato dal decreto MEF citato in apertura. Come si legge nel decreto, vi siederanno, per il tramite di due rappresentanti ciascuno, lo stesso MEF, la Banca d’Italia, l’Agenzia delle Entrate, l’Associazione bancaria italiana, l’Associazione italiana prestatori servizi di pagamento, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, il Ministero delle imprese e del made in Italy e l’Agenzia per l’Italia Digitale. È inoltre previsto che “ove ritenuto necessario per il raggiungimento delle finalità … il MEF invita a partecipare ai lavori del tavolo anche i prestatori di servizi di pagamento, i gestori di circuiti e schemi di pagamento, nonché le relative associazioni di categoria. Ai lavori del tavolo possono essere invitati anche ulteriori associazioni rappresentative degli esercenti, valutata anche la rappresentanza degli interessi coinvolti, nonché, in qualità di uditori, i rappresentanti di altre amministrazioni o autorità”.
È doveroso evidenziare il fatto che al tavolo – che teoricamente dovrebbe regolamentare gli aspetti puramente economici delle commissioni di transazione – sieda anche l’Agenzia delle Entrate, e francamente si fatica a comprenderne la ragione. Di per contro, non risultano presenti le associazioni professionali, per quanto i professionisti rientrino a pieno titolo tra i soggetti obbligati ad accettare pagamenti elettronici. Insomma, potremmo dire che assistiamo all’ennesima replica di un film già visto.
Detto questo, vi è altresì da rimarcare il fatto che potrebbero essere proprio i professionisti ad essere tra i soggetti più interessati in assoluto, posto che potrebbero patire conseguenze sia dirette che indirette nel caso di un mancato successo dell’iniziativa. Infatti, l’articolo 1, comma 387 della legge 29 dicembre 2022, n. 197 dispone che ove il tavolo istituito ai sensi del comma 386 non giunga alla definizione di un livello dei costi equo e trasparente entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, ovvero in caso di mancata applicazione delle condizioni e delle commissioni fissate ai sensi dell’accordo definito, sarà dovuto da parte dei prestatori di servizi di pagamento e dei gestori di circuiti e di schemi di pagamento, per l’anno 2023, un contributo straordinario quantificato nella misura del 50% degli utili, al netto degli oneri fiscali, derivanti dalle commissioni e da altri proventi per le transazioni inferiori al limite di valore di 30 euro ovvero al diverso limite di valore individuato dal tavolo, sulla base di criteri di proporzionalità rispetto all’ammontare della transazione.
Quanto sopra andrebbe a gravare sulle casse dei prestatori di servizio di incasso, e quindi, tutto sommato, non essere di grande interesse per la maggioranza dei professionisti del settore fiscale; tuttavia, è bene ricordare che, sempre per espressa previsione normativa contenuta nella legge di bilancio, laddove dovesse scattare il “contributo” cui sopra (a carico di tutti i gestori delle carte di pagamento in caso di mancato accordo, o a carico di uno o più gestori specifici, nel caso di accordo concluso ma disatteso) tale contributo verrà destinato a mitigare i costi delle commissioni fino a 30 euro a favore dei soggetti con ricavi / compensi inferiori a 400mila euro. Come? Non è difficile immaginare che se ciò dovesse accadere, la formula potrebbe essere quella del credito di imposta. Ed in tal caso, ancor meno difficile è immaginare chi dovrà di fatto gestirlo per conto dei contribuenti interessati.
In conclusione, non resta che sperare che l’accordo venga raggiunto e rispettato da tutte le parti in causa, sia nell’ottica della trasparenza e del calmieramento delle commissioni, sia nell’ottica di evitare di trovarsi nelle condizioni di dover gestire dell’ennesimo credito di imposta, di ammontare presumibilmente miserrimo, ma come sempre ricco di complicazioni.