Regime forfettario, STP e cessione del credito. Da Aiuti-quater e Manovra un fiume di emendamenti

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

È un fiume di emendamenti. Quasi in contemporanea sono stati pubblicati i fascicoli degli emendamenti segnalati, ovvero di maggiore interesse, in modifica del Decreto Legge Aiuti-quater e del disegno di legge della manovra finanziaria, rispettivamente in corso di discussione al Senato della Repubblica, per la sua conversione, e alla Camera dei Deputati, per la sua approvazione. Fra le numerose proposte sono almeno tre i temi che saltano all’occhio del lettore.

Il primo attiene alle nuove regole del regime forfettario di cui all’articolo 1, commi 54 e successivi, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190. Sul punto il disegno di legge di bilancio ha previsto l’innalzamento a 85.000 euro della soglia di ricavi e compensi conseguiti nel periodo precedente che consente l’accesso al regime forfettario e introdotto una seconda soglia, pari a 100.000 euro, oltrepassata la quale il regime medesimo cessa di avere applicazione immediatamente, ovvero dall’anno stesso in cui i ricavi o i compensi percepiti eccedono il limite massimo prestabilito. In quest’ultimo caso il contribuente deve applicare l’imposta sul valore aggiunto a partire dalle operazioni effettuate che comportano il superamento del predetto limite.

Viene ora proposto, in salse diverse, un regime fiscale opzionale per i contribuenti che fuoriescano dal regime forfettario, una strategia di uscita che accompagni il contribuente al graduale rientro nel regime ordinario. Le versioni presentate sono due, entrambe si sostituiscono integralmente alle modifiche proposte originariamente nel disegno di legge, descritte nel capoverso precedente: la prima, che lascia la sua concreta attuazione ad un successivo decreto del Presidente della Repubblica, secondo la quale i contribuenti che applicano il regime forfettario, che nell’anno precedente hanno conseguito ricavi o hanno percepito compensi non superiori a 85.000 euro, possono applicare per i due periodi d’imposta successivi al passaggio dal regime forfettario al regime ordinario un’imposta opzionale e sostitutiva delle imposte sui redditi per ricavi o compensi fino a 85.000 euro; la seconda, meglio definita, secondo la quale i contribuenti che superano il limite di ricavi o compensi pari a euro 65.000 possono optare, in alternativa all’applicazione del regime ordinario, per l’applicazione dell’imposta sostitutiva, nella misura del 25 per cento, su un imponibile determinato applicando al monte ricavi o compensi gli stessi coefficienti di redditività previsti per i contribuenti forfettari. In questo secondo caso l’opzione sarebbe applicabile a condizione che l’ammontare dei ricavi ovvero dei compensi, ragguagliati ad anno, non siano superiori a euro 100.000, e sin dall’anno stesso in cui i ricavi o i compensi superano il limite di 65.000 euro e per il periodo d’imposta successivo, salvo che l’ammontare dei ricavi o compensi non sia inferiore all’ammontare dei ricavi o compensi dichiarati nel primo anno di esercizio dell’opzione.

Il secondo tema di rilievo, rappresentando una vera novità legislativa, è l’equiparazione proposta in materia di neutralità fiscale delle operazioni di trasformazione di associazioni professionali in società tra professionisti (Stp) o società tra avvocati (Sta). L’emendamento in commento, che andrebbe a superare le posizioni espresse dall’Amministrazione Finanziaria, prevede l’estensione alle operazioni citate delle disposizioni dell’articolo 170 del TUIR, a condizione che i beni, i crediti e le attività permangano, dopo la trasformazione, nella sfera commerciale della società. Si colga che secondo l’Agenzia delle Entrate il passaggio dalla sfera non commerciale, propria delle associazioni professionali, a quella commerciale, tipica delle società, anche fra professionisti, è assimilato ad un conferimento di beni di cui all’articolo 171, comma 2, del TUIR, operazione integralmente realizzativa. Con l’emendamento in commento, forse troppo stringato per risolvere definitivamente i problemi, viene fatto un passo avanti verso una disposizione che favorisca davvero l’aggregazione professionale e la crescita dimensionale degli studi.

L’ultimo capitolo di rilievo, infine, è dedicato alla cessione del credito. Fra gli emendamenti di interesse presentati nel corso dell’iter di conversione del Decreto Aiuti-quater c’è la modifica all’articolo 121, comma 1, del Decreto Legge n. 34 del 2020 secondo la quale la necessaria diligenza dei soggetti che acquistano i crediti dagli intermediari finanziari, con riferimento alla nota “quarta cessione”, è sempre dimostrata nel caso in cui tali soggetti non abbiano mai assunto alcun ruolo nell’origine e nella fruizione di tali crediti, prima di detto acquisto.

Al fine di favorire lo sblocco del mercato dei crediti d’imposta, sempre pescando fra le proposte di modifica, è stato proposto per i periodi di imposta dal 2023 al 2027, ai fini del versamento delle somme di cui all’articolo 21, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, che le banche e la società Poste SpA possano utilizzare in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del predetto decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, i crediti di imposta originatisi a seguito del sostenimento nelle annualità 2021 e 2022 delle spese per gli interventi elencati al comma 2 del predetto articolo 121 del Decreto Legge n. 34 del 2020. Tale possibilità, tuttavia, è limitata ai crediti la cui accettazione da parte dei predetti intermediari sia avvenuta in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto Aiuti-quater, ma estesa ai crediti d’imposta relativi alle spese sostenute nel 2023 per i medesimi interventi, purché alla data di entrata in vigore della legge di conversione risulti presentato il relativo titolo abilitativo.

Quest’ultimo emendamento rappresenta una proposta senza dubbio interessante, favorendo congiuntamente la capacità di utilizzazione degli istituti di credito e, di conseguenza, la successiva acquisizione di nuovi crediti. L’emendamento in commento, tuttavia, non risolve un problema rilevante. La scure, rappresentata dalle numerose sentenze che estendono il sequestro, anche finalizzato alla confisca, ai crediti acquistati dal cessionario in buona fede, continua a pendere sul capo di migliaia di contribuenti rimasti imbrigliati nel blocco del mercato del credito. Se non si risolve questo problema difficilmente potrà riaprire.

Si profila, infine, la riapertura dei termini per agganciare il 110 per cento con presentazione della Cilas entro il 31 dicembre 2022. Per tutti gli altri il bonus passera al 90 per cento, come da previsioni.