In uno dei propri documenti di prassi l’Agenzia delle Entrate si è espressa, in modo piuttosto netto, circa l’eventualità di compensazione dei crediti d’imposta energetici a scomputo di imposte (essenzialmente acconti) che i contribuenti non siano tenuti a versare. Circostanza in grado di dare luogo, con ogni probabilità, a rilievi circa l’illegittimità di tale comportamento.
La pubblicazione della circolare n. 24/E del 02/08/2023, recante chiarimenti, tra le altre cose, sui credi d’imposta nel settore energetico (si veda l’articolo Tax credit energia e gas: online i chiarimenti del Fisco del 3 agosto 2023), fa ulteriormente riflettere su quanto già riportato dalle Entrate su uno specifico aspetto riguardante il tema del termine finale di utilizzo delle agevolazioni fiscali in esame, che, relativamente al primo e secondo trimestre dell’anno in corso, è ad oggi fissato al 31/12/2023.
Al § 1.1 della richiamata circolare (“Crediti d’imposta relativi al primo e secondo trimestre 2023”), l’Amministrazione finanziaria ha infatti ricordato che si tratta di crediti che vanno utilizzati – esclusivamente in compensazione orizzontale – non oltre la fine del 2023, sia da parte dei beneficiari che li hanno maturati che degli eventuali cessionari (a prescindere dal numero di cessioni avvenute nel corso del tempo – Tax credit energia e gas del 2 marzo 2023). Mentre il superamento di detta soglia temporale porta, irrimediabilmente, alla perdita di tali eccedenze.
E proprio su simile questione si incardina una considerazione, invero già esaminata sul presente quotidiano (sebbene con riguardo ai crediti che andavano utilizzati entro il 31/12/2022 – per approfondimenti si rinvia all’articolo Lo sbarramento temporale per l’utilizzo dei crediti d’imposta energetici e i possibili escamotage (?) del 24 dicembre 2022), circa la possibilità per i contribuenti di utilizzare quanto maturato a scomputo degli acconti per le imposte; quanto detto, nello specifico, anche oltre l’ammontare effettivamente dovuto per i medesimi acconti – calcolati storicamente o a livello previsionale. Cosa che avverrebbe evidentemente per evitare di perdere un importo che, come visto per il caso in esame, non risulterebbe poi più utilizzabile a partire dall’inizio dell’anno immediatamente successivo.
Come già considerato, in linea con la ratio dei crediti d’imposta energetici – ossia il sostegno ai soggetti che hanno subito incrementi sensibili dei costi per la componente energetica, base rispetto alla quale si “misura” la correttezza dell’eventuale contestazione circa l’abuso del diritto perpetrato dal contribuente – non pare che il tentativo di beneficiarne in modo, sostanzialmente, da rinnovarli rispetto alla data ultima di possibile utilizzo, possa frustrare il fine che il legislatore aveva in animo nel momento in cui li ha introdotti nell’ordinamento. Ciò anche se va comunque tenuto presente che, proprio in considerazione della menzionata e odierna soglia temporale del 31/12/2023, la compensazione delle agevolazioni in questione:
- di fatto senza motivo ed esclusivamente al fine di non perderle,
- recuperando successivamente il credito compensato in misura superiore a quanto dovuto per l’acconto compensato,
può indubbiamente apparire non in linea, in termini prettamente “tecnici”, con lo stesso meccanismo applicativo del beneficio fiscale – per il quale sussiste per l’appunto un termine massimo oltre il quale non vi è modo di usufruirne.
Ma al di là delle possibili argomentazioni, in un senso o nell’altro, non può che rilevarsi come il rischio di contestazione per la condotta appena esaminata, da parte dell’Agenzia delle Entrate, sia invero assolutamente attuale a seguito di quanto affermato dalla stessa autorità fiscale tramite la risposta a interpello n. 8 del 10/01/2023 (Tax credit energia: utilizzabile in compensazione per l’acconto previsionale anche se superiore allo storico dell’11 gennaio 2023), che ha trattato esattamente la fattispecie in discorso. Nel documento l’Agenzia ha affermato nello specifico che:
- 1) i suddetti crediti d’imposta possono senz’altro essere utilizzati per il versamento degli acconti d’imposta, anche qualora questi ultimi risultino di importo maggiore se calcolati con il metodo previsionale piuttosto che storico:
- 2) anche se in nessun caso è possibile che il versamento di un acconto eccedente rispetto a quanto effettivamente dovuto dia modo:
- di ottenere il rimborso del medesimo tributo versato in acconto in maniera esuberante, oppure,
- di portare in avanti l’eccedenza d’imposta rinnovata, traslandola con lo scopo di renderne legittimo il successivo utilizzo oltre il termine (ad oggi) previsto di fine 2023.
Ecco dunque che, una volta resi “ufficialmente” consci dei rischi fiscali, i contribuenti astrattamente interessati a porre in essere condotte di questo genere possono decidere consapevolmente se dare comunque luogo a tali manovre, che con ogni probabilità possono formare oggetto di rilievo da parte dell’autorità fiscale, oppure se evitare alla radice il problema. Pianificando in questo caso adeguatamente – e per tempo – la compensazione delle agevolazioni in oggetto nonché, eventualmente, perdendo l’importo delle medesime che non si ha avuto modo di utilizzare.
Anche se, proprio in merito alla considerazione del rischio fiscale insito in tutto quanto sopra detto, si può notare che, a fronte dell’utilizzo dei crediti d’imposta per i primi due trimestri dell’anno in corso, non sembra che vi sia alcun automatismo che renda l’Agenzia delle Entrate in grado di verificare che la compensazione sia avvenuta con riferimento a imposte/contributi effettivamente dovuti oppure no. Si ritiene infatti che, solamente dopo un’adeguata verifica da parte dell’ente impositore sulla natura (e necessità) di quegli stessi versamenti effettuati – ad esempio mediante verifica del fatto che, sia sulla base del dato storico che di quello previsionale, fossero dovuti acconti relativi all’IVA o alle imposte sui redditi – la stessa Amministrazione finanziaria potrebbe pervenire alla consapevolezza di simile comportamento dell’operatore, strumentale rispetto al fine di salvaguardare le sue poste a credito altrimenti definitivamente perse.