Sblocco cessioni del credito: doppia opportunità per le imprese

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

Con l’emendamento approvato in Camera dei Deputati in materia di libera cessione dei crediti d’imposta da parte delle banche nei confronti dei propri correntisti diversi dai consumatori o utenti, si aprono nuove prospettive per imprese e partite iva. La misura, pensata per sbloccare il mercato del credito, con l’abrogazione dei termini di decorrenza può costituire motivo di impiego, a rischio controllato, della liquidità aziendale.

L’emendamento di cui trattasi, abrogando l’articolo 57, comma 3, del Decreto Legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito con modificazioni dalla L. 15 luglio 2022, n. 91, ha eliminato le limitazioni inizialmente previste per la facoltà di cessione, esercitabile in qualsiasi momento, riconosciuta alle banche ovvero alle società appartenenti ad un gruppo bancario iscritto all’albo di cui all’articolo 64 del Decreto Legislativo 1° settembre 1993, n. 385. Ne consegue, pertanto, che al termine dell’iter di conversione del Decreto Semplificazioni per gli istituti di credito sarà sempre consentita la cessione a favore di soggetti diversi dai consumatori o utenti, come definiti dall’articolo 3, comma 1, lettera a), del Codice del consumo, che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa, ovvero con la banca capogruppo, sempre senza facoltà di ulteriore cessione.

Questa modifica ha due effetti immediati. Il primo attiene all’ampliamento dei crediti potenzialmente cedibili senza vincoli. Indipendentemente dal momento in cui sia stata trasmessa la comunicazione della prima cessione o dello sconto in fattura, la banca avrà sempre facoltà di esercitare la cessione non vincolata. Questa facoltà, in particolare, potrà essere esercitata anche per i crediti la cui prima trasmissione dell’opzione sia avvenuta antecedentemente al 1° luglio 2022.

Il secondo effetto, altrettanto importante, è relativo alle prospettive che si apriranno con l’esercizio di tale facoltà. Se da un lato la libera cessione estesa a tutto lo scibile dei crediti d’imposta cedibili ai sensi dell’articolo 121 del Decreto Legge n. 34 del 2020 favorirà lo sblocco del mercato del credito, riavvicinando gli intermediari finanziari di minori dimensioni che, a causa di incapienza, avevano bloccato le operazioni di acquisto, dall’altro la cessione non vincolata avvicinerà inevitabilmente al mercato delle cessioni le imprese e le partite iva disposte a investire la propria liquidità temporaneamente giacente sui conti correnti. Le cessioni a favore di costoro, infatti, non potranno che avvenire a prezzo inferiore rispetto al valore nominale del credito sottostante, con un immediato guadagno costituito dal predetto differenziale, che sarà comunque oggetto di tassazione.

Una possibilità concreta di “investimento” che necessita, tuttavia, di ulteriori considerazioni. Come noto ai sensi dell’articolo 121, comma 4, del Decreto Legge n. 34 del 2020 i fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto, salva l’ipotesi di concorso in violazione di cui all’articolo 9, comma 1, del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Benché questa fattispecie abbia la propria genesi in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, da subito l’Agenzia delle Entrate ha agito nel senso di una estesa responsabilità solidate del fornitore o del committente che abbia concorso, anche in termini di insufficiente diligenza, al compimento dell’illecito. Secondo l’Agenzia, infatti, assumono rilevanza le ipotesi in cui “il cessionario abbia omesso il ricorso alla specifica diligenza richiesta, attraverso la quale sarebbe stato possibile evitare la realizzazione della violazione e l’immissione sul mercato di liquidità destinata all’arricchimento dei promotori dell’illecito”.

Sul punto, tuttavia, le conclusioni della Circolare n. 23/E del 2022 non devono spaventare. Ancora secondo l’Amministrazione Finanziaria “il livello di diligenza richiesto dipende dalla natura del cessionario, soprattutto con riferimento agli intermediari finanziari o ai soggetti sottoposti a normative regolamentari per i quali è richiesta l’osservanza di una qualificata ed elevata diligenza professionale”. In altri termini la diligenza richiesta, che deve escludersi nei casi di attiva compartecipazione all’illecito, viene graduata a seconda della natura e qualifica del soggetto cessionario, nonché della fase in cui la cessione del credito viene realizzata.

Da questo punto di vista, allora, la diligenza richiesta all’operatore economico che acquista il credito da parte dell’istituto bancario nell’esercizio della cessione libera è diversa rispetto a quella pretesa al medesimo istituto bancario nella fase di prima acquisizione del credito. Pur nell’attenzione necessaria, declinata negli indici espressamente indicati nella Circolare n. 23/E del 2022, l’acquisto da un intermediario finanziario che abbia già posto in essere le verifiche necessarie impone un’attenzione certamente minore rispetto a quella richiesta per il primo cessionario. Sotto questo profilo sarà sufficiente acquisire una dichiarazione dell’istituto bancario che certifichi l’attuazione delle cautele richieste al primo cessionario (anzi sarebbe stato opportuno prevederlo nella norma), nonché verificare l’esatta corrispondenza del credito ricevuto nel proprio cassetto fiscale rispetto alla proposta di cessione. Difficilmente, fra l’altro, sarà possibile ottenere oltre. Motivi di privacy, e la concatenazione di cessione, potrebbero rendere difficoltoso l’acquisizione di ulteriore documentazione, soprattutto per i crediti non oggetto di tracciamento.