Tregua fiscale, vento di proroga

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

L’intenzione del Governo è quella di modificare il calendario della “tregua fiscale”, in primo luogo con una proroga dei termini in scadenza il prossimo, e ormai imminente, 31 marzo 2023. Tale possibilità, che sarà allo studio del Consiglio dei Ministri il 28 marzo 2023, consente ai contribuenti ulteriori valutazioni di merito rispetto alle possibilità di adesione.

La proroga dei termini previsti per la regolarizzazione delle irregolarità formali (art. 1, commi da 166 a 173, Legge n. 197 del 2022) e il ravvedimento speciale delle violazioni tributarie (art. 1, commi da 174 a 178, Legge n. 197 del 2022) è data ormai per certa. Con essa potrebbe arrivare il differimento dei termini per la procedura di definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti, con il differimento della scadenza di pagamento e di presentazione dell’istanza dal 30 giugno al 30 settembre.

Si tratta di un intervento dal fine specifico. L’intenzione dell’esecutivo è quella di allargare la finestra temporale all’interno della quale sarà possibile regolarizzare le violazioni rilevate e comunicate ai contribuenti nell’ambito delle numerose lettere di compliance recapitate in questi primi mesi dell’anno. In questo senso la volontà del Governo è quella di consentire, sia per le violazioni formali che per quelle sostanziali, una regolarizzazione “leggera”, ovvero permessa aderendo alle misure straordinarie previste nel pacchetto della “tregua fiscale”. Ferme restando le regole di funzionamento di ciascuna sanatoria, l’ipotesi allo studio è quella di posticipare la prima scadenza prevista per la regolarizzazione delle violazioni formali e il ravvedimento speciale dal 31 marzo al 30 settembre o 31 ottobre. Si tratta, infatti, di una vera e propria strategia per allargare la base delle potenziali adesioni, dove le comunicazione di compliance fungono da innesto.

Da questo punto di vista, tuttavia, è necessario realizzare che l’attività di compliance espletata dall’Amministrazione finanziaria non è in grado di intercettare, in quanto non rilevabili attingendo alle banche dati a disposizione, tutte le fattispecie potenzialmente regolarizzabili. Risulta pertanto decisivo rilevare ulteriori fattispecie di regolarizzazione che, per la loro diffusione, possono indurre il contribuente, ancora indeciso, all’adesione.
Dal punto di vista delle irregolarità formali assumono un certo rilievo le irregolare rilevate, al di fuori di una frode, nell’applicazione delle disposizioni concernenti l’inversione contabile. La procedura di regolarizzazione delle violazioni formali, infatti, è applicabile per le irregolarità di cui all’articolo 6, commi 9-bis, 9-bis1 e 9-bis2, del Decreto Legislativo n. 471 del 1997, in tutti i casi in cui l’imposta risulti assolta, ancorché irregolarmente.

Si tratta, in primo luogo, del caso del cessionario o del committente che, nell’esercizio di imprese, arti o professioni, ometta di porre in essere gli adempimenti connessi all’inversione contabile, gergalmente “integrazione contabile”, ai sensi degli articoli 17, 34, comma 6, secondo periodo, e 74, settimo e ottavo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e, in tema di operazioni intracomunitarie, degli articoli 46, comma 1, e 47, comma 1, del Decreto Legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla Legge 29 ottobre 1993, n. 427. Nell’ipotesi in cui l’imposta può essere detratta dal cessionario o dal committente, non venendosi a verificare un’omissione nel versamento, la sanzione amministrativa compresa fra 500 euro e 20.000 euro, fissa ma tutt’altro che irrilevante, può essere sostituita con il versamento di sole 200 euro per periodo d’imposta, indipendentemente dal numero di irregolarità compiute.

Lo stesso accade, in secondo luogo, qualora, in presenza dei requisiti prescritti per l’applicazione dell’inversione contabile, l’imposta relativa a una cessione di beni o a una prestazione di servizi, di cui ai citati regimi in cui è applicabile il “reverse charge”, sia stata erroneamente assolta dal cedente o prestatore, con esposizione in fattura in luogo dell’inversione contabile. Anche in questo caso la significativa sanzione amministrativa, compresa fra 250 euro e 10.000 euro, può essere regolarizzata con il versamento dell’importo simbolico di 200 euro per periodo d’imposta. Applicazione possibile, infine, anche nel caso in cui si applichi il regime di inversione contabile ad operazioni esenti, non imponibili o comunque non soggette ad imposta.
Benché non sia stato espressamente previsto nel Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 gennaio 2023 Protocollo n. 0027629, a differenza di quanto accadde con la precedente edizione di cui al Decreto Legge n. 119 del 2018, per tali violazioni non è essere necessaria la procedura di rimozione della violazione. Sono fattispecie in cui, avuto riguardo ai profili della violazione commessa, la rimozione dell’irregolarità non è necessaria.